lunedì 30 dicembre 2013
Merano e Rtl
Fine anno, tempo di soliti bilanci che per il momento non farò. Sono proteso verso la positività dopo tre giorni di vacanza trascorsi a Merano, l'acqua termale mi ha fatto bene, preparo la mente per oggi pomeriggio quando a Cologno Monzese negli studi di RTL 102.5 registrerò con i Pocket alcuni brani live in chiave acustica. Non mi piacciono le interviste di gruppo, fanno emergere tutte le nostre diversità rispetto a ciò che siamo veramente, in queste occasioni preferisco starmene parecchio zitto, ma ogni volta che mi è capitato di partecipare a una trasmissione radiofonica mi sono portato a casa dei bellissimi ricordi di questo affascinante mondo. Sono certo che oggi sarà ancora così. Gli speakers, le apparecchiature, le insonorizzazioni, la magia di sapere che ciò che viene detto in quei momenti viaggia nelle radio di tanti ascoltatori mentre stanno facendo le cose più disparate e' quasi sempre una bella sensazione, poco importa se la trasmissione di oggi non sarà in diretta. Durante le vacanze ho ascoltato molto "the coincidentalist" di Howe Gelb, alla fine dell'anno leggo in rete tante classifiche sulle migliori uscite discografiche, io non ho l'apertura mentale e i tanti ascolti variegati che servono per farne una che rappresenti in maniera efficace i miei gusti ma basta questo album per scrivere che le note di Gelb sono arrivate nel momento giusto donando quel sottofondo riverberato che sta alle feste natalizie come la mia mente sta ad X.
sabato 14 dicembre 2013
Stasera a Bologna, domani al Bar Jamaica
Mi si prospetta un fine settimana da girovago e sono eccitato. Il lavoro mi sta mordendo i fianchi come un pittbull affamato, per darmi carica ascolto "Aspettando i barbari" che mi è entrato definitivamente sotto pelle. Stasera assisterò all'ultima data del tour dei Massimo Volume con un folto gruppo di amici provenienti da varie parti del nord Italia. Vado a Bologna con il treno "italo" convoglio superveloce che mi porterà in Emilia in poco più di sessanta minuti. Sono emozionato anche per quello, è da tanto tempo che non viaggio in treno e voglio assaggiare questo rapidissimo modo di spostarsi. Dopo il concerto affronterò il riposo in hotel quasi come se sul palco ci fossi andato io. Domattina dovrò farmi trovare pronto da "italo" per fare ritorno a Milano dove a partire dalle ore quindici registrerò con i Pocket Chestnut un video per gli amici di Milano Acoustics, un'esperienza non da poco visti i bei filmati che si vedono in rete. Da sottolineare che il ritrovo sarà il Bar Jamaica di Milano, luogo storico con più di cento anni di attività situato nel quartiere Brera che sotto Natale si impregna di un'atmosfera tutta particolare dove chi cerca la mondanità puo' trovare anche irriducibili bohémien come forse oggi, spezzando la routine, mi sento un po' anche io.
per curiosare:
http://it.wikipedia.org/wiki/Nuovo_Trasporto_Viaggiatori
http://www.massimovolume.it/
http://www.milanoacoustics.com/
http://jamaicabar.it
per curiosare:
http://it.wikipedia.org/wiki/Nuovo_Trasporto_Viaggiatori
http://www.massimovolume.it/
http://www.milanoacoustics.com/
http://jamaicabar.it
martedì 10 dicembre 2013
Ultimo concerto del 2013?
Giovedì 12 dicembre i Pocket divideranno il palco con gli amici Finistere al circolo Arci "Ohibo'" di Milano e questo potrebbe essere (quasi certamente dal mio punto di vista lo sarà) l'ultimo concerto di questo 2013.
Non ho quasi mai pubblicizzato in questo blog le date, un po' perchè c'è la pagina di facebook del gruppo che serve anche a questo scopo, un po' perchè ogni volta mi dimenticavo. Quando avevo voglia di postare qualche info sul concerto questo era già finito e archiviato nei ricordi. Sono lontani ormai i tempi delle auto-recensioni delle mie/nostre performance. Abbiamo suonato un bel po' in questo anno, considerato che non c'era un nuovo disco pubblicato (ma sembra manchi davvero poco per averlo, circa novanta giorni da oggi!) abbiamo suonato tantissimo, secondo me anche troppo. In novembre c'è stato un concerto che mi è rimasto impresso più degli altri, si tratta di quella manciata di canzoni eseguite al "Biko" (sempre a Milano) prima del concerto di Adam Green con Francesco Mandelli. Ero incazzato nero quel 7 novembre... un giovedì qualsiasi per molti ma non per me, ormai poco avvezzo al traffico milanese. Il locale mi ha messo subito a mio agio e lentamente sono diventato meno scontroso. Il Biko è una location davvero accogliente, lo staff sa come far star bene i musicisti, dal primo volontario che ti accoglie all'ingresso all'ultimo che ti serve da bere è stato tutto un susseguirsi di gentilezza e premure. Poi c'è stata la musica. Sentiti al soundcheck Green e Mandelli mi avevano lasciato perplesso ed a suggellare gli sguardi smarriti tra me e gli altri Pocket tanto aveva influito anche la cover di "Mi ritorni in mente" di Battisti, a dir poco imbarazzante con le basi mandate direttamente dall'Ipad. Chi è capace il mestiere lo conosce bene, sa come ribaltare le situazioni e modificare impressioni di chi vede le prove a locale chiuso. Nei fatti il loro live è stato efficace e molto coinvolgente, il pubblico che li ha acclamati se lo sono conquistato brano dopo brano e il finale con Battisti è stata l'apoteosi con i giovani che cantano a memoria divertendosi e mi fanno dimenticare in fretta la battuta che uno tra il pubblico ha dedicato al sottoscritto. Durante il nostro set Tum si lancia in un discorso di presentazione di un brano e la sua introduzione passa per questa frase "il nostro disagio giovanile" tra il pubblico qualcuno si è sentito in dover di sottolineare che, a guardarlo, il batterista tanto giovane non è.
![]() |
la locandina del concerto di Giovedi 12/12/13 |
mercoledì 27 novembre 2013
39
L'ultimo giro nei trenta inizia oggi e rispetto al disincanto che nutro per questo giorno da quando l'adolescenza è sbiadita, oggi mi godo gli auguri che ricevo per il mio compleanno. Chiedo solo un dono: guarire del tutto dall'infortunio alla caviglia che mi tortura da quasi sei mesi.
mercoledì 20 novembre 2013
2003 - 2013 I dieci anni di "Are you safe?"
Se i Kech fossero stati un gruppo seguito da un sufficiente numero di persone tali da generare interesse sono certo che il decennale della nostra prima pubblicazione che avveniva ormai dieci anni fa, in ottobre, oggi sarebbe stata in qualche modo celebrata. Come dice un verso di una canzone di Vinicio Capossela "e invece mi ritrovo qui a parlarne, gli altri son scappati via". "Are you safe?" è stata la mia prima esperienza legata a tutto cio' che significa pubblicare un album. Vuol dire diventare consapevoli del fatto che sarà acquistabile in un negozio di dischi, che verrà recensito, che rimarrà anche un oggetto fisico a ricordare come eravamo.
Un anno prima di "Are you safe?" i Kech avevano mosso i primi passi autoproducendo un ep di cinque canzoni confezionando a mano il mini album copia dopo copia. Nonostante non fosse distribuito, con l'aiuto di una piccola label (la undermybed records) lo spedimmo ad alcune riviste e fu ben accolto dalla stampa specializzata. Sull'onda dell'entusiasmo generato da quella manciata di canzoni intitolata "A lovely place" decidemmo che poteva essere una buona idea allungare la durata dell'ep e farlo diventare un vero e proprio extended play. Pensavamo che sarebbe stato bello farlo in collaborazione con un' etichetta e una serie di coincidenze ci permise di riuscire a trovare alcune persone interessate. Con Giovanna, Nicola, Davide e Sergio eravamo stati in grado di costruire in poco più di due anni un vero e proprio gruppo indie e la voglia di uscire dalla nostra sala prove per confrontarci col mondo esterno era finalmente una possibilità concreta grazie alla Ouzel Records di La Spezia in collaborazione con Latlantide di Bergamo (entrambe in qualità di label) e Audioglobe come distributore per l'Italia.
Nonostante mi sia addentrato già nel succo di questo scritto un'introduzione/considerazione personale è doverosa. Nel momento in cui mi accorgo che sto vivendo un momento stupendo che mi gratifica la mia predisposizione è quella di lasciarmi rapire dalla malinconia. Con il corpo sono lì che ti guardo e sprizzo gioia da tutti i pori ma con la mente sto già pensando che quel momento non è eterno e provo quella sensazione che posso definire rimpianto pensando a quando nel futuro questa gioia non ci sarà più. Sebbene nel presente abbia cio' che per tanto tempo ho desiderato è come se nell'oggi vivessi il domani e avvertissi l'assenza di qualcosa che non ho più sebbene in quel momento quella soddisfazione ce l'abbia. Era così allora figuriamoci oggi. In quel lungo 2002 quando eravamo intenti a perfezionare le nostre canzoni, sapevo godermi quel che stavo vivendo ma sempre con una sorta di nostalgia come se sapessi già che quel bel gioco simile a un incantesimo si sarebbe rotto. Al primo lotto di canzoni contenute in "A lovely place" aggiungemmo altre sei canzoni scrivendone una dopo l'altra nel giro di tre mesi, in primavera. Arrivo' poi il momento di registrarle e scegliemmo la via casalinga. La nostra cantina, un computer, due microfoni e la sapiente mano di un amico molto conosciuto nel mondo della musica sperimentale, tal Giuseppe Ielasi, che a cercare il suo nome su internet ci vogliono giorni per leggere tutte le pagine che parlano di lui. Nei giorni della registrazione e in quelli del missaggio ebbi modo di vivere momenti indimenticabili.
Quello compreso tra il gennaio 2002 e l'ottobre 2003 fu il periodo che io e Davide (che suona ancora con me nei Pocket Chestnut) abbiamo definito più volte "l'età dell'oro". Sappiate che per tutti i Kech in quegli anni non esisteva nessun tipo di divertimento diverso dal trovarci in sala prove per suonare. Passavamo con gli strumenti più o meno accordati due sere a settimana dalle nove (circa!!!) a mezzanotte. Molte volte di domenica ci incontravamo all'ora di pranzo per poi restare insieme fino al dopocena. Non esistevano cinema, sport da praticare, bowling, stadio, televisione, fidanzate e week end al mare o in montagna. Niente di niente, solo il gruppo. "Are you safe?" ci diede tantissime soddisfazioni e ripago' ampiamente i nostri sforzi. Molti concerti, i primi festival indipendenti, tante persone conosciute tra amici, sedicenti fans e addetti ai lavori, opening act per gruppi stranieri affermati, qualche escursione all'estero e una raffica di recensioni positive, dal 'prima scelta' sul portale Rockit alla nomination per il premio fuori dal mucchio, dal trafiletto su Rolling Stone allo speciale su Vivimilano passando per interviste radiofoniche, recensioni prone su Rockerilla, Mucchio Selvaggio, Rumore e numerose web - zine. La nostra rassegna stampa divento' ben presto un susseguirsi di complimenti volti ad augurarci un florido futuro. Negli anni a seguire non tutto ando' così come qualcuno aveva previsto ma a risentirlo oggi "Are you safe?" con i suoi spigoli, il suono grezzo e la sua immediatezza, invecchia proprio bene in quel panorama dell'indie rock che fu. Su I-tunes è ancora scaricabile a un prezzo promozionale.
Un anno prima di "Are you safe?" i Kech avevano mosso i primi passi autoproducendo un ep di cinque canzoni confezionando a mano il mini album copia dopo copia. Nonostante non fosse distribuito, con l'aiuto di una piccola label (la undermybed records) lo spedimmo ad alcune riviste e fu ben accolto dalla stampa specializzata. Sull'onda dell'entusiasmo generato da quella manciata di canzoni intitolata "A lovely place" decidemmo che poteva essere una buona idea allungare la durata dell'ep e farlo diventare un vero e proprio extended play. Pensavamo che sarebbe stato bello farlo in collaborazione con un' etichetta e una serie di coincidenze ci permise di riuscire a trovare alcune persone interessate. Con Giovanna, Nicola, Davide e Sergio eravamo stati in grado di costruire in poco più di due anni un vero e proprio gruppo indie e la voglia di uscire dalla nostra sala prove per confrontarci col mondo esterno era finalmente una possibilità concreta grazie alla Ouzel Records di La Spezia in collaborazione con Latlantide di Bergamo (entrambe in qualità di label) e Audioglobe come distributore per l'Italia.
![]() |
La copertina dell'ep 'A Lovely Place', correva l'anno 2002 |
Nonostante mi sia addentrato già nel succo di questo scritto un'introduzione/considerazione personale è doverosa. Nel momento in cui mi accorgo che sto vivendo un momento stupendo che mi gratifica la mia predisposizione è quella di lasciarmi rapire dalla malinconia. Con il corpo sono lì che ti guardo e sprizzo gioia da tutti i pori ma con la mente sto già pensando che quel momento non è eterno e provo quella sensazione che posso definire rimpianto pensando a quando nel futuro questa gioia non ci sarà più. Sebbene nel presente abbia cio' che per tanto tempo ho desiderato è come se nell'oggi vivessi il domani e avvertissi l'assenza di qualcosa che non ho più sebbene in quel momento quella soddisfazione ce l'abbia. Era così allora figuriamoci oggi. In quel lungo 2002 quando eravamo intenti a perfezionare le nostre canzoni, sapevo godermi quel che stavo vivendo ma sempre con una sorta di nostalgia come se sapessi già che quel bel gioco simile a un incantesimo si sarebbe rotto. Al primo lotto di canzoni contenute in "A lovely place" aggiungemmo altre sei canzoni scrivendone una dopo l'altra nel giro di tre mesi, in primavera. Arrivo' poi il momento di registrarle e scegliemmo la via casalinga. La nostra cantina, un computer, due microfoni e la sapiente mano di un amico molto conosciuto nel mondo della musica sperimentale, tal Giuseppe Ielasi, che a cercare il suo nome su internet ci vogliono giorni per leggere tutte le pagine che parlano di lui. Nei giorni della registrazione e in quelli del missaggio ebbi modo di vivere momenti indimenticabili.
![]() |
La cover di "Are you safe?" disegnata da Davide |
Quello compreso tra il gennaio 2002 e l'ottobre 2003 fu il periodo che io e Davide (che suona ancora con me nei Pocket Chestnut) abbiamo definito più volte "l'età dell'oro". Sappiate che per tutti i Kech in quegli anni non esisteva nessun tipo di divertimento diverso dal trovarci in sala prove per suonare. Passavamo con gli strumenti più o meno accordati due sere a settimana dalle nove (circa!!!) a mezzanotte. Molte volte di domenica ci incontravamo all'ora di pranzo per poi restare insieme fino al dopocena. Non esistevano cinema, sport da praticare, bowling, stadio, televisione, fidanzate e week end al mare o in montagna. Niente di niente, solo il gruppo. "Are you safe?" ci diede tantissime soddisfazioni e ripago' ampiamente i nostri sforzi. Molti concerti, i primi festival indipendenti, tante persone conosciute tra amici, sedicenti fans e addetti ai lavori, opening act per gruppi stranieri affermati, qualche escursione all'estero e una raffica di recensioni positive, dal 'prima scelta' sul portale Rockit alla nomination per il premio fuori dal mucchio, dal trafiletto su Rolling Stone allo speciale su Vivimilano passando per interviste radiofoniche, recensioni prone su Rockerilla, Mucchio Selvaggio, Rumore e numerose web - zine. La nostra rassegna stampa divento' ben presto un susseguirsi di complimenti volti ad augurarci un florido futuro. Negli anni a seguire non tutto ando' così come qualcuno aveva previsto ma a risentirlo oggi "Are you safe?" con i suoi spigoli, il suono grezzo e la sua immediatezza, invecchia proprio bene in quel panorama dell'indie rock che fu. Su I-tunes è ancora scaricabile a un prezzo promozionale.
Olanda 2002 durante un day off. Da sinistra a destra Davide,Nicola,Giovanna,io e Sergio |
sabato 2 novembre 2013
Questo mese su Rockerilla
Il mensile musicale Rockerilla è stato per tantissimo tempo un punto di riferimento per gli appassionati di ogni genere di musica i quali leggendo speciali, recensioni, interviste e approfondimenti si affidavano al parere di giornalisti qualificati prima di acquistare un album. Questa prassi è durata per più di venticinque anni (Rockerilla è arrivata alla pubblicazione n° 399) ma l'avvento di internet produce la crisi per la carta stampata e sta più o meno velocemente soffocando le riviste di genere, e non solo quelle. Nonostante questo triste scenario non è impossibile reperire ancora nelle edicole questo storico mensile e con piacere sono stato informato circa un articolo che parla dei Doubleganger.
martedì 22 ottobre 2013
Suonare a cinquant'anni
Ricordate questo breve post di luglio? In quella occasione, al termine del concerto, la mia strada aveva incrociato quella di Pasquale Defina. Fuori dal locale mi trovai a fare quattro chiacchiere con il cantante e chitarrista che ho seguito e apprezzato nei suoi progetti passati (Volwo e Atletico Defina) oggi la sua avventura si chiama "ex-novo". E' accaduto che una defezione del suo batterista lo abbia portato a ricordarsi di me proponendomi una sostituzione. Abbiamo fatto una sola prova e quella che abbiamo ribattezzato come "una esibizione in locanda" è avvenuta ieri sera proprio in quel Gattò di via Castel Morrone a Milano, tanto ben frequentato e così accogliente nel dopo aperitivo da far sempre parlar bene di sè. Ho avuto l'occasione di prestare un accompagnamento essenziale per musicisti professionisti (insieme a Pasquale hanno suonato Marco Grompi alle chitarre e Roberto Romano al clarinetto) con una tensione che ho fatto fatica a gestire ma che non mi ha quasi mai tradito. Mi porto a casa una bella esperienza consumata a spazzole cercando di stare dentro al suono d'insieme, ma soprattutto ricorderò a lungo le tante parole legate alla vita del musicista una volta raggiunti gli "anta". La voce dei protagonisti in questo contesto economico e sociale molto difficile mi abitua a cio' che ancora non conosco. Una patina di disillusione che si trasforma in rassegnazione mi avvolge.
martedì 15 ottobre 2013
Il server della mia testa ha ripreso a funzionare
Dopo un mese di settembre a dir poco disperato è spuntato di nuovo il sole dentro la mia testa. Dovevo superare un esame di certificazione che mi ha condizionato troppo la vita settembrina e non solo quella lavorativa. Il giorno in cui è morto Priebke si è aggiunta la soddisfazione per aver brillantemente superato l'ostacolo e il successo mi ha ridato linfa. Sentirsi giudicato da una commissione esterna e ritrovarsi sommerso di approvazioni e complimenti rinnova l'autostima e mi rassicura soprattutto rispetto al dato oggettivo che vede tanti miei colleghi fallire l'appuntamento. Io ho sempre bisogno di conferme, se non arrivano ci metto un bel po' a tornare piacevole agli occhi degli altri. Ora il prossimo obiettivo è sistemare la caviglia e tornare a fare un po' di sport. A più di quattro mesi dall'infortunio le risposte su una diagnosi sbagliata mi fanno pensare che al medico che ha refertato dopo il trauma dovrebbe arrivare una perturbazione nella testa, è così bello poi veder di nuovo sorgere il sole.
mercoledì 2 ottobre 2013
Aspettando i barbari
Il nuovo disco dei Massimo Volume è uscito ieri e in meno di ventiquattro ore sono già arrivato al sesto ascolto. L'immagine incollata sopra è la copertina di "Aspettando i barbari". Quando sono in procinto di ascoltare un album che aspetto con trepidazione preparo prima le cuffie poi faccio partire la riproduzione dall'inizio alla fine senza saltare nessuna traccia. E' solo così che capisco se d'acchito mi piace oppure no. Il detto: "la prima impressione è quella che conta" che puo' aiutare a decifrare certe situazioni non è efficace nella musica. Per me funziona così, sono infatti parecchi i lavori che ho recuperato dopo averli inizialmente "bollati" come non adatti al mio gusto. Crescendo ho cambiato approccio, non con i Massimo Volume. Il primo ascolto di ogni loro album mi ha sempre conquistato immediatamente. Considero questi quattro musicisti il miglior gruppo italiano mai esistito. Molti amici mi sfottono per questo, non si capacitano di come si possa essere così smisurati in una valutazione. Per me è così e basta, anche solo per il fatto che se mi doveste chiedere a chi potrebbero somigliare come aderenze, genere, ispirazione la mia risposta sarebbe semplice: a nessuno. E sfido chiunque a smentirmi. Al mondo non esiste un altro gruppo in grado di suonare in maniera così ossessiva, ipnotica e ripetitiva senza abbinare a questi intrecci una melodia cantata bensì recitando un testo. Li seguo da tanti anni, fin dai tempi del loro secondo album (mi riferisco quindi alla metà degli anni novanta) ma non voglio dilungarmi oltre in questa mia indomabile passione verso la loro musica. Mi tengo lontano dal raccontare una loro biografia, se non ne avete mai sentito parlare e se proprio volete approfondire, in libreria ne trovate una ben fatta che si intitola: "Da Qui, la storia dei Massimo Volume" è scritta da Andrea Pomini e pubblicata per Arcana. Leggendola vi risparmierete cio' che potrei dirvi io su cosa vuol dire amare un gruppo, soffrire per le loro difficoltà, aver assistito al loro declino ed essere stato in prima fila a sostenere la loro rinascita. Ascoltando i Massimo Volume ho vissuto venti anni della mia vita, il periodo che coincide con la maturità, la fine della noncuranza per le difficoltà ai tempi della scuola, l'inizio di cio' che aspramente ti riserva il mondo del lavoro, e troppo spesso è solo merda. All'indomani di questa nuova pubblicazione sono confuso, avverto un cambio di rotta e la sensazione di sentirmi rapito dalle loro atmosfere mi ha coinvolto solo in alcuni momenti isolati e, lo ammetto, mi ha sorpreso. E' meglio così, ho voglia di consumarlo lentamente questo nuovo disco, "come la notte che ritorna costante." (cit.)
venerdì 27 settembre 2013
Eroi nel vento: Massimo Ambrosini
Introduzione
Sono fin da bambino un grande appassionato di calcio ed ho avuto la fortuna di vedere giocare dal vivo tantissimi campioni. Alcuni di loro sono stati per me degli autentici idoli. Mi hanno fatto esultare, altre volte soffrire e per ognuno di loro ho sempre provato i sentimenti che ogni tifoso dovrebbe dimostrare, in primis il rispetto. Sopporto mal volentieri coloro che osannano un calciatore che attraversa un periodo positivo e sono pronti a criticarlo alle prime difficolta'. Quando stimo un giocatore lo sostengo sempre e comunque, qualsiasi cosa succeda. Con questa premessa introduco una nuova rubrica che curero' periodicamente, una sorta di carrellata di tanti campioni, noti oppure meno conosciuti, che per me hanno significato qualcosa di importante in questo grande mondo chiamato calcio, sempre più simile allo show-business che ad uno sport. Di ognuno di loro ricorderò un momento particolare, una prodezza, una curiosità, un dettaglio che alberga nel mio cuore, attingendo da un bacino di ricordi contenuti nella mia testa che farebbe impallidire, ne sono certo, anche il mitico Gianni Brera. Tifo per il Pisa Calcio e per il Milan ed i campioni di cui racconterò avranno certamente militato in una delle due squadre del mio cuore, ma non necessariamente.
Eroi nel vento è una canzone dei Litfiba, una delle prime della loro produzione, non c'entra un bel niente con questo tema ma mi piaceva molto come titolo, così, liberamente, me ne servo.
Massimo Ambrosini è forse il calciatore più leale che abbia mai visto giocare al calcio. E' sempre stato uno dei miei incontristi preferiti e ho apprezzato la sua caparbietà nel gestire i contatti fisici anche al limite del regolamento rispetto al suo focoso subalterno, quel Gennaro Gattuso che anche i meno invasati conoscono. La mia simpatia verso il biondo n° 23 è anche sostenuta dal fatto che Ambrosini è un noto appassionato di pallacanestro, tifoso della Scavolini e non potrebbe essere altrimenti viste le sue origini pesaresi. Ieri Massimo è tornato al Meazza che è stata casa sua per diciassette lunghe (e spesso vincenti!) stagioni, vestendo questa volta un'altra maglia, quella della Fiorentina. L'immagine che consegno al blog ed a voi lettori è quella che mi si è palesata di fronte agli occhi in tutta la sua semplicità. Con la stessa foga di sempre Ambro cerca di segnare all'Inter un gol che vorrebbe dire pareggio. Siamo nei minuti di recupero e il bel tiro d'esterno è anche abbastanza angolato ma troppo debole per superare Handanovic. Sarebbe stato un bel colpo segnare sotto quella che è stata la sua curva ma purtroppo l'urlo è rimasto soffocato in gola, se ci sarà una prossima volta spero non sia contro di noi.
giovedì 12 settembre 2013
Addio Jimmy
Ci ha lasciato Jimmy Fontana e da grande estimatore della musica anni '60 non posso far altro che essere molto dispiaciuto per un'altra dipartita importante dopo quelle di Jannacci, Califano e Little Tony che hanno funestato questo 2013. I miei genitori mi hanno raccontato che insieme al brano scritto da Gino Paoli intitolato "il cielo in una stanza" si sono innamorati sulle note della canzone più celebre di Jimmy ovvero "Il mondo". Probabilmente senza questo brano i miei fratelli ed io non saremmo mai venuti al mondo, anche per questo grazie Jimmy.
mercoledì 11 settembre 2013
Ricordare -diario di bordo- seconda parte
Per leggere la prima parte: clicca QUI
"E intanto dimentico tutto, dimentico tutti..." mai amata Emma Marrone sia chiaro, ma questo ritornello che fa da traino ad uno dei suoi ultimi singoli si puo' considerare un vero tormentone estivo e grazie ad un airplay selvaggio mi ha torturato tutto il mese di luglio e quello di agosto. Proprio questa frase mi gira in testa quando prima di arrivare alla baia di Keri andiamo di bolina, così canto sottovoce e guardo il panorama. Kastor viaggia spedita inclinata su un lato, ci sporgiamo fuori bordo per equilibrare il peso. Il vento soffia a 16 nodi, non un granchè dice la ciurma ma per me è già sufficiente per acclimatarmi. L'andatura è divertente, arriva anche qualche schizzo che mi bagna. Sento il sapore del sale sulla pelle ed il profumo del mare. Sono passate due ore dal primo passo a bordo e sono già perfettamente ambientato, rilassato e pronto a divertirmi. Arriva il momento del primo tanto atteso bagno, non un granchè a dire il vero. Ancoriamo in un punto dove il fondo è di alghe, l'acqua è un po' torbida, calda e non da un grande refrigerio. Le mie aspettative si spostano di nuovo in barca per il primo pranzo a bordo ma sopravvaluto le qualità di cuoca con le quali si è presentata Pasqua. Il frigo funziona solo quando si va a motore e avendo veleggiato è rimasto spento per qualche ora ne consegue che l'insalata a base di pomodori, olive e feta è tiepida, la scatoletta di tonno che l'accompagna è la consolazione che serve a farmi capire che il cibo sarà più o meno questo. Nessun problema grave, convivo benissimo con le scatolette ma la temperatura un po' mi disturba. Bevo una birra (anch'essa tiepida) e sto fortunatamente lontano dall'alcol che consumano gli altri (Gin tonic e Campari con aranciata -neanche a dirlo- tiepidi). Trascorriamo qualche ora dividendoci tra il sole preso a prua e l'ombra del pozzetto dove un ampio tendalino crea le condizioni ideali per riposare. Non serve essere un armatore per capire che in otto su questa barca si starà stretti. Scordatevi l'immagine di chi sta sdariato e spaparanzato sulle panche posteriori a godersi il venticello cullato dal dolce rollio, se vuoi ripararti dal sole e farti un riposino a bordo di Kastor puoi riuscirci, ma devi stare seduto. Così quando qualcuno crolla tra le braccia di Morfeo per il troppo sole, i postumi del bere, oppure perchè semplicemente ha sonno, l'immagine che mi si para davanti agli occhi è quella che spesso mi è capitato di vedere quando qualcuno cerca di dormire sulle scomode sedute dei vagoni in metropolitana.
Verso le cinque ci spostiamo a ridosso dell'isolotto. E' talmente vicino che ci andiamo a motore così ricarichiamo un po' le batterie, facciamo andare le pompe di sentina, gli scarichi dei bagni e mettiamo in funzione il frigorifero. Abbiamo evitato di approdare sull'isola perchè fin dal mattino ci è parsa troppo affollata. Arriviamo nel piccolo golfo, ci siamo solo noi ma durerà poco. Dopo aver ancorato passano dieci minuti e siamo contornati da motoscafi che ci puntano a tutta velocità insieme a barconi con la musica a palla stracolmi di turisti che vengono letteralmente catapultati in acqua. Il motivo è semplice: il fondale è stupendo, il colore degrada dal verde smeraldo al verde acqua, poi nello spazio che ci separa dalla terraferma assume i toni del turchese. A sud, nella parte più riparata dell'isolotto, due grandi grotte comunicano tra loro e stando attenti a non farsi tagliare dalle eliche di qualche incivile che vuole entrarci col motoscafo, si vedono dei riflessi di luce che mi ricordano le riprese subacquee dei documentari sul canale National Geographic.
Dopo questa sosta bellissima che si protrae fino al tramonto arriviamo al golfo dove dormiremo. Faccio una lunga nuotata tra le barche in rada, siamo tra le ultime a posizionarci. Ho voglia di stancarmi, realizzo solo una volta salito a bordo che seppur in un mare pulitissimo tra quelle venti barche ormeggiate qualcuno starà di certo scaricando e potrei aver nuotato nella merda. Mi faccio una doccia veloce per scacciare il pensiero. Scendiamo a terra in due viaggi a bordo del piccolo tender, a remi visto che il fuoribordo non vuole saperne di partire. La cena è molto buona, io prendo un gyros plate, gli altri si dividono tra tonno scottato e branzino, il capitano si distingue con una pecora al cartoccio. La prima giornata di mare si è fatta sentire, domani lasceremo Zante è ora di tornare a bordo per la prima notte in barca. Prima di lasciare il ristorante il cameriere ci obbliga a bere un Raki con lui, una specie di grappa molto forte che ci aiuta a digerire.
Continua...
"E intanto dimentico tutto, dimentico tutti..." mai amata Emma Marrone sia chiaro, ma questo ritornello che fa da traino ad uno dei suoi ultimi singoli si puo' considerare un vero tormentone estivo e grazie ad un airplay selvaggio mi ha torturato tutto il mese di luglio e quello di agosto. Proprio questa frase mi gira in testa quando prima di arrivare alla baia di Keri andiamo di bolina, così canto sottovoce e guardo il panorama. Kastor viaggia spedita inclinata su un lato, ci sporgiamo fuori bordo per equilibrare il peso. Il vento soffia a 16 nodi, non un granchè dice la ciurma ma per me è già sufficiente per acclimatarmi. L'andatura è divertente, arriva anche qualche schizzo che mi bagna. Sento il sapore del sale sulla pelle ed il profumo del mare. Sono passate due ore dal primo passo a bordo e sono già perfettamente ambientato, rilassato e pronto a divertirmi. Arriva il momento del primo tanto atteso bagno, non un granchè a dire il vero. Ancoriamo in un punto dove il fondo è di alghe, l'acqua è un po' torbida, calda e non da un grande refrigerio. Le mie aspettative si spostano di nuovo in barca per il primo pranzo a bordo ma sopravvaluto le qualità di cuoca con le quali si è presentata Pasqua. Il frigo funziona solo quando si va a motore e avendo veleggiato è rimasto spento per qualche ora ne consegue che l'insalata a base di pomodori, olive e feta è tiepida, la scatoletta di tonno che l'accompagna è la consolazione che serve a farmi capire che il cibo sarà più o meno questo. Nessun problema grave, convivo benissimo con le scatolette ma la temperatura un po' mi disturba. Bevo una birra (anch'essa tiepida) e sto fortunatamente lontano dall'alcol che consumano gli altri (Gin tonic e Campari con aranciata -neanche a dirlo- tiepidi). Trascorriamo qualche ora dividendoci tra il sole preso a prua e l'ombra del pozzetto dove un ampio tendalino crea le condizioni ideali per riposare. Non serve essere un armatore per capire che in otto su questa barca si starà stretti. Scordatevi l'immagine di chi sta sdariato e spaparanzato sulle panche posteriori a godersi il venticello cullato dal dolce rollio, se vuoi ripararti dal sole e farti un riposino a bordo di Kastor puoi riuscirci, ma devi stare seduto. Così quando qualcuno crolla tra le braccia di Morfeo per il troppo sole, i postumi del bere, oppure perchè semplicemente ha sonno, l'immagine che mi si para davanti agli occhi è quella che spesso mi è capitato di vedere quando qualcuno cerca di dormire sulle scomode sedute dei vagoni in metropolitana.
Vivi e Pasqua @ isolotto di Keri |
Le grotte dell'isolotto di Keri |
Continua...
sabato 7 settembre 2013
Ricordare -diario di bordo- prima parte
Ricordare,ricordare è come un pò morire.Tu adesso lo sai perchè tutto ritorna anche se non vuoi.
E scordare, e scordare è più difficile.Ora sai che è più difficile se vuoi ricominciare.
Ricordare,ricordare,come un tuffo in fondo al mare.
Ricordare,ricordare quel che c'è da cancellare.E scordare,e scordare è che perdi cose care.
E scordare,e scordare finiranno gioie rare.
(Ricordare, testo: Andrea Morricone, musica: Ennio Morricone)
Il testo che precede questo scritto è della canzone resa celebre dai La Crus composta da Ennio Morricone per il film di Giuseppe Tornatore "Una pura formalità" non una delle sue pellicole più conosciute ma a parer mio una delle più belle. Questa mattina prima di venire in ufficio ascoltavo "Ricordare" nelle versione live contenuta nel disco del gruppo milanese (ormai sciolto) intitolato "Io non credevo che questa sera". Il passaggio in cui il cantante Mauro Ermanno Giovanardi recita "come un tuffo in fondo al mare" mi ha inevitabilmente riportato a quando, quasi un mese fa, ero a bordo di Kastor, una Atlantis 44, barca a vela un po' datata costruita in Grecia e presa a noleggio per vivere l'esperienza di esplorare il Peloponneso via mare. Una dozzina di anni fa avevo già avuto modo di viaggiare in quelle zone ma scegliendo un lungo itinerario via terra scoprendo paesaggi, clima e persone totalmente differenti da cio' che offrono le isole.
Sono partito dopo un momento molto difficile sul lavoro. Momento che sarebbe meglio definire periodo visto che dura già da più di un anno. Avevo un sogno: staccare con tutto e con tutti e tentare una rigenerazione. Che il mercato automobilistico sia in crisi non è una novità ma con determinazione e un po' di fortuna le cose non vanno proprio a rotoli come succede a molte realtà con cui condivido questo supplizio. Ci vuole però un impegno immenso per non mandare il cervello a farsi friggere. La certezza di rappresentare un marchio forte è un'ancora di salvezza in questo lento naufragio, serve per tentare di vedere con ottimismo una situazione in cui sono sfruttato con atteggiamenti ai limiti dell'umiliazione ma non è che serva molto per elevare l'autostima, almeno non tutti i giorni questo rimedio funziona da scacciacrisi. Il disagio è amplificato dal fatto che ho una mia partita Iva, lo stipendio non esiste, i soldi me li devo meritare sul campo, niente è dovuto. Dopo aver dedicato per tredici anni tutto me stesso a questa attività finisce il tempo delle pacche sulle spalle e la sensazione è quella di sentirsi inutile e abbandonato a chissà quale destino. Con queste premesse il 10 agosto, di sera, sbarco a Zante e attendo la barca che l'equipaggio sta conducendo verso sud da Levkada. Con me c'è mia moglie Vivi, infaticabile, almeno all'inizio della vacanza è stata importante come un faro nella nebbia.
La barca arriva il mattino seguente, all'alba. Ci imbarchiamo subito, dopo pochi minuti siamo già fuori dal porto.
L'equipaggio è composto dal capitano Niccolo', nato a Firenze ma cresciuto a Milano, grande esperienza nel mondo nautico, ha 61 anni e l'atteggiamento rilassato di chi ha girato il mondo e non è nuovo ad avere un po' di persone di cui occuparsi. Vuole principalmente farci vivere una vacanza e così imposterà i comportamenti da tenere a bordo. Il vice capitano è Andrea, un giovanissimo appassionato velista abitante a Gorgonzola. Ci vogliono pochi istanti per capire che ha il mare nelle vene, nel suo sguardo c'è l'aria sognante di chi ha appena terminato gli studi e ha le idee molto chiare sul suo futuro: navigare e non scendere mai a terra. Dopo l'estate aiuterà il padre nell'attività di fabbro ma nella scuola di vela per la quale fa l'istruttore si è già distinto per abnegazione e bravura. A detta di chi ne capisce ha già la stoffa e i gradi per poter diventare un bravo skipper, tenebroso e rubacuori, anche se tutto cio' è in contraddizione col suo soprannome: "lo spento". Completano l'equipaggio Irene e Pasqua che svolgono la funzione tipica dei marinai tutto fare. La prima si dedica tra le tante cose ad armare le vele, collabora nelle manovre e negli ancoraggi, la seconda è più votata alla parte amministrativa, scorte, gestione della cambusa, ordine e pulizia a bordo e non ultimo in ordine di importanza, prepara da mangiare. Le due ragazze sono molto diverse tra loro e il primo approccio non è semplice con entrambe, ci sarà poi modo di avvicinarci e scoprire che sono belle persone. Poi ci sono Francesca e Roberto (vedi anche su questo blog il post: week end of the year) è grazie a loro se ho saputo dell'idea di navigare e mi trovo a bordo, questo viaggio è la loro luna di miele.
Ci dirigiamo con un andatura al "gran lasco" verso la baia di Keri, golfo molto conosciuto dagli animalisti perchè habitat naturale e luogo prediletto per il deposito delle uova da parte delle tartarughe. In molti punti non si puo' nè sbarcare nè ancorare. Di fronte al piccolo paese che si affaccia sulla baia un isolotto ricorda proprio la forma del simpatico animale.
Continua...
E scordare, e scordare è più difficile.Ora sai che è più difficile se vuoi ricominciare.
Ricordare,ricordare,come un tuffo in fondo al mare.
Ricordare,ricordare quel che c'è da cancellare.E scordare,e scordare è che perdi cose care.
E scordare,e scordare finiranno gioie rare.
(Ricordare, testo: Andrea Morricone, musica: Ennio Morricone)
Il testo che precede questo scritto è della canzone resa celebre dai La Crus composta da Ennio Morricone per il film di Giuseppe Tornatore "Una pura formalità" non una delle sue pellicole più conosciute ma a parer mio una delle più belle. Questa mattina prima di venire in ufficio ascoltavo "Ricordare" nelle versione live contenuta nel disco del gruppo milanese (ormai sciolto) intitolato "Io non credevo che questa sera". Il passaggio in cui il cantante Mauro Ermanno Giovanardi recita "come un tuffo in fondo al mare" mi ha inevitabilmente riportato a quando, quasi un mese fa, ero a bordo di Kastor, una Atlantis 44, barca a vela un po' datata costruita in Grecia e presa a noleggio per vivere l'esperienza di esplorare il Peloponneso via mare. Una dozzina di anni fa avevo già avuto modo di viaggiare in quelle zone ma scegliendo un lungo itinerario via terra scoprendo paesaggi, clima e persone totalmente differenti da cio' che offrono le isole.
Kastor, modello Atlantis 44, la barca sulla quale abbiamo trascorso la vacanza |
Sono partito dopo un momento molto difficile sul lavoro. Momento che sarebbe meglio definire periodo visto che dura già da più di un anno. Avevo un sogno: staccare con tutto e con tutti e tentare una rigenerazione. Che il mercato automobilistico sia in crisi non è una novità ma con determinazione e un po' di fortuna le cose non vanno proprio a rotoli come succede a molte realtà con cui condivido questo supplizio. Ci vuole però un impegno immenso per non mandare il cervello a farsi friggere. La certezza di rappresentare un marchio forte è un'ancora di salvezza in questo lento naufragio, serve per tentare di vedere con ottimismo una situazione in cui sono sfruttato con atteggiamenti ai limiti dell'umiliazione ma non è che serva molto per elevare l'autostima, almeno non tutti i giorni questo rimedio funziona da scacciacrisi. Il disagio è amplificato dal fatto che ho una mia partita Iva, lo stipendio non esiste, i soldi me li devo meritare sul campo, niente è dovuto. Dopo aver dedicato per tredici anni tutto me stesso a questa attività finisce il tempo delle pacche sulle spalle e la sensazione è quella di sentirsi inutile e abbandonato a chissà quale destino. Con queste premesse il 10 agosto, di sera, sbarco a Zante e attendo la barca che l'equipaggio sta conducendo verso sud da Levkada. Con me c'è mia moglie Vivi, infaticabile, almeno all'inizio della vacanza è stata importante come un faro nella nebbia.
La barca arriva il mattino seguente, all'alba. Ci imbarchiamo subito, dopo pochi minuti siamo già fuori dal porto.
Il porto di Zante all'alba |
L'equipaggio è composto dal capitano Niccolo', nato a Firenze ma cresciuto a Milano, grande esperienza nel mondo nautico, ha 61 anni e l'atteggiamento rilassato di chi ha girato il mondo e non è nuovo ad avere un po' di persone di cui occuparsi. Vuole principalmente farci vivere una vacanza e così imposterà i comportamenti da tenere a bordo. Il vice capitano è Andrea, un giovanissimo appassionato velista abitante a Gorgonzola. Ci vogliono pochi istanti per capire che ha il mare nelle vene, nel suo sguardo c'è l'aria sognante di chi ha appena terminato gli studi e ha le idee molto chiare sul suo futuro: navigare e non scendere mai a terra. Dopo l'estate aiuterà il padre nell'attività di fabbro ma nella scuola di vela per la quale fa l'istruttore si è già distinto per abnegazione e bravura. A detta di chi ne capisce ha già la stoffa e i gradi per poter diventare un bravo skipper, tenebroso e rubacuori, anche se tutto cio' è in contraddizione col suo soprannome: "lo spento". Completano l'equipaggio Irene e Pasqua che svolgono la funzione tipica dei marinai tutto fare. La prima si dedica tra le tante cose ad armare le vele, collabora nelle manovre e negli ancoraggi, la seconda è più votata alla parte amministrativa, scorte, gestione della cambusa, ordine e pulizia a bordo e non ultimo in ordine di importanza, prepara da mangiare. Le due ragazze sono molto diverse tra loro e il primo approccio non è semplice con entrambe, ci sarà poi modo di avvicinarci e scoprire che sono belle persone. Poi ci sono Francesca e Roberto (vedi anche su questo blog il post: week end of the year) è grazie a loro se ho saputo dell'idea di navigare e mi trovo a bordo, questo viaggio è la loro luna di miele.
L'equipaggio, da sx a dx: Niccolo',Pasqua,Irene,Andrea |
Continua...
lunedì 2 settembre 2013
A volte ritornano
Tempo di ritorni, a casa, in ufficio, ai vecchi umori. Solo per oggi vogliate cortesemente permettermi di celebrare il ritorno più importante, quello del mitico n° 22.
Bentornato Campione!
Bentornato Campione!
![]() |
Io e Kaka' in occasione di un evento Audi, Autodromo Nazionale di Monza, settembre 2007 |
sabato 17 agosto 2013
Ricarica effettuata
Per controllare lo stato di ricarica cercare Rico Coast su Facebook. Grazie Grecia, nel mio piccolo ti aiutero' a non fallire mai.
sabato 10 agosto 2013
Traguardo
Sono arrivato indenne al momento della partenza. Mai come oggi ho bisogno di riprendermi tra furto del telefono, caviglia che non guarisce, birra ingurgitata manco fossimo all'oktober fest, poche ore di sonno per notte, lavoro pressante fino all'ultimo minuto ora arriva il momento di affidarsi alle cure del mare. Barba incolta e capelli lunghi, resto ribelle non mi butto via.
giovedì 1 agosto 2013
Voglia di partire
Scrivi sui social che vai in vacanza? Ti svaligiano la casa. Tra i tanti consigli per chi parte c'è quello di non comunicare che si sta andando via (se leggete un po' cronache locali sui quotidiani on line - e non - questa notizia è tra le più pubblicate nelle rubriche dove esperti consigliano come trascorrere un'estate sicura). E' successo a molte soubrette e altri personaggi noti assaliti dalla smania di comunicare anche quando fanno pipì di apprendere dai giornali che i ladri avevano fatto razzia dei loro averi approfittando della certezza che a casa non ci fosse nessuno. Anche io parto e quando non ve lo dico, o forse sì tanto a casa mia c'è poco da svaligiare. Mancano ancora dieci giorni. Cari lettori (vi vedo nelle statistiche! siete un bel po', grazie a tutti!) ecco fatto, fate buon uso di questa comunicazione. In questo 2013 ho cambiato molte abitudini e tra queste quella di "staccare" l'ultimo giorno di luglio. Ho guardato indietro i piani ferie e la puntualità con cui smettevo di lavorare è imbarazzante, mai un giorno ad inizio Agosto da quindici anni a questa parte. Cercherò di vivere questa decade che mi separa da un giro in barca vela in Grecia e poi dal tanto amato Lago di Como come un'esperienza nuova, per ora non è male ma siamo solo al giorno n°1.
lunedì 29 luglio 2013
Lento/veloce, più/meno
Quante persone vorrebbero rallentarla la vita, godersi a lungo i momenti belli e fare in modo che questa bellezza sia immediatamente riconosciuta, compresa e decodificata, poi rallentare lo scorrere del tempo quanto basta per far durare il bello sempre di più. Lo sento dire spesso quando si parla del più e del meno e chissà come mai io do sempre una certa importanza al meno in questi discorsi banali. Avere meno significa pretendere poco e le aspettative sono equilibrate a quel meno da cui si è partiti originariamente. Io sono in una fase dove invece di rallentare vorrei accelerare ma non posso. Giusto quindi che tutto rimanga così com'è, pensare non costa e per i caratteri come il mio neppure stanca, quindi l'esercizio quotidiano mi viene semplice, comodo, automatico. Oggi ho iniziato la Tecar terapia di riabilitazione per la caviglia, ci vorrà ancora un mese per rimettermi in forma. Domani vado a suonare a Padova dove si svolge una nuova edizione del Radar festival.
lunedì 22 luglio 2013
Il dopo festival
Sabato e domenica scorsa ho suonato al festival "A night like this" organizzato dall'omonima associazione e ospitato da un comune delizioso tranquillamente adagiato in mezzo a laghi e colline tra Ivrea e Aosta, precisamente a Chiaverano (TO). Questo festival dedicato interamente a gruppi appartenenti al fenomeno indie rock e a tutte le sue sfumature si svolge in un'unica giornata, ma il giorno seguente, sulle sponde del Lago Sirio, è stata organizzata una chiusura acustica all'ora di pranzo. Così mi sono trovato impiegato a tambureggiare con i Kinola sabato e con i Pocket Chestnut domenica. Ieri al rientro ero stanco ma soddisfatto, il pubblico affettuoso e premuroso insieme e tanti amici vicini alle due band ci hanno fatto sentire musicisti fighi che, mah. Ho avuto modo di apprezzare le esibizioni di Paletti , Dumbo gets mad, Brothers in law e mi sono lasciato coinvolgere dagli ottimi Vado in Messico. Queste band sono state per me il meglio del festival, senza dimenticare i DUST che sono semplicemente persone adorabili.
Poi ci sono delle simpatiche foto sul look del sottoscritto ma per pubblicarle aspetto domani, se faccio in tempo prima di partire per Monaco di Baviera. Il lavoro... già sempre questo maledetto dovere. Se la vita fosse solo piacere oggi sarei ancora a Chiaverano aspettando quel 'vento di passion' ai piedi del "mont baron" (pronuncia originale chiaveranese: mounbaron)
![]() |
La locandina del festival edizione 2013 |
venerdì 19 luglio 2013
Atoms for peace @ ippodromo, Milano
Se c'è una cosa che detesto è fare video ai concerti, posso limitarmi a qualche estratto, un singolo brano, ma non capisco chi si guarda tutto il live dallo schermo del telefono. Eppure sono sempre di più coloro che nonostante il prezzo del biglietto costi sempre di più preferiscono portarsi a casa un ricordo digitale rispetto a vivere l'esperienza in tempo reale e "salvare" i ricordi nella propria testa. Pensare che dall'alto dei miei 191cm i video mi verrebbero anche bene. Mercoledì sono andato a vedere il supergruppo di cui fanno parte Thom Yorke, Flea, Nigel Godrich, Mauro Refosco e Joey Waronker, gli Atoms for peace e non avendo ascoltato il disco in anticipo sapevo vagamente cosa aspettarmi. Sono rimasto brillantemente sorpreso da questi fenomeni. Credevo in uno spettacolo elettronico ma, a causa della mia graduale disaffezione dai Radiohead ''elettronici'', non avevo molte aspettative, anzi diciamo che ero particolarmente scettico. Al termine del live ero invece felice come un bambino dopo il parco giochi. Stanco, sudato e divorato dalle zanzare ma felicissimo di essermi riappacificato con Thom Yorke. Ho provato a fare un video e a caricarlo qui ma non funziona. Meglio così, queste baracconate tecnologiche le lascio ad altri.
martedì 16 luglio 2013
Era buono il Gatto'
Buon concerto ieri sera a Milano! Cio' che ho apprezzato di più, tanto per cambiare, è stato il bel
pubblico. Il Gatto' non si distingue certo per le ampie dimensioni ma riempirlo di ascoltatori appassionati lottando contro caldo e zanzare non era in preventivo e invece il pubblico era assiepato anche fuori dalle vetrine. E' stato emozionante scorgere tra i tanti Davide Ferrario una splendida Paola Turci e dulcis in fundo Pasquale De Fina con il quale al termine del live mi sono intrattenuto in discorsi molto edificanti.
Nota di ricordo speciale:
Succede che mi chiedano un autografo mentre sto andando in bagno e in assenza di un bel foglio di carta la ragazza mi porga il "contenitore per signora"... ci vuole coraggio non solo per chiedere un autografo a me, anche per vincere l'imbarazzo ma queste sfortunatamente sono cose che potete leggere anche su facebook.
pubblico. Il Gatto' non si distingue certo per le ampie dimensioni ma riempirlo di ascoltatori appassionati lottando contro caldo e zanzare non era in preventivo e invece il pubblico era assiepato anche fuori dalle vetrine. E' stato emozionante scorgere tra i tanti Davide Ferrario una splendida Paola Turci e dulcis in fundo Pasquale De Fina con il quale al termine del live mi sono intrattenuto in discorsi molto edificanti.
Nota di ricordo speciale:
Succede che mi chiedano un autografo mentre sto andando in bagno e in assenza di un bel foglio di carta la ragazza mi porga il "contenitore per signora"... ci vuole coraggio non solo per chiedere un autografo a me, anche per vincere l'imbarazzo ma queste sfortunatamente sono cose che potete leggere anche su facebook.
giovedì 11 luglio 2013
Ultimi aggiustamenti
Questa settimana l'ho dedicata al tentativo di recuperare un po' di stabilità alla caviglia grazie a questi artifici che cito in ordine sparso: riposo, ghiaccio e quella che fino ad oggi ignoravo esistesse come riabilitazione: la ginnastica propriocettiva. Anche se è impensabile per ora riprendere a correre o saltare sembra che dietro i tamburi questa vecchia pantofola riesca a tenere un ritmo da concerto e per i prossimi due impegni, trattandosi di esibizioni acustiche, sono particolarmente ottimista... anche se in questa foto dalla mia espressione non sembrerebbe.
Segui anche: A night like this festival 2013
![]() |
I Kinola preparano il concerto di sabato 20 luglio a Chiaverano vicino a Ivrea |
lunedì 8 luglio 2013
Amused to death
Roger Waters oggi mi aiuta parecchio a mandar giù qualche battibecco avvenuto con gente spiacevole. Mi piace usare il termine persone ma in certi casi alcune di queste specie sono ai miei occhi e al mio cuore semplicemente gente. E i Pisani Zen Circus se interpellati saprebbero anche come definirla questa gente. http://m.youtube.com/watch?v=aadentxPdvQ&feature=related
Così, nel pomeriggio dallo stereo di casa in un giorno di riposo, quando Roger si incazza su "the bravery of being out of range" e già nel '92 ci vedeva del marcio in certe masse lobotomizzate anche io mi incazzo, ma la prossima volta mi devo inventare un diversivo.
Per farsene una ragione... QUI
Così, nel pomeriggio dallo stereo di casa in un giorno di riposo, quando Roger si incazza su "the bravery of being out of range" e già nel '92 ci vedeva del marcio in certe masse lobotomizzate anche io mi incazzo, ma la prossima volta mi devo inventare un diversivo.
Per farsene una ragione... QUI
domenica 23 giugno 2013
Tallone da killer
C'è una sfortuna che mi è successa della quale non ho fatto menzione. Non è che questo blog debba diventare un bollettino medico del sottoscritto, suvvia, però in occasione del torneo tre vs tre di cui vi ho parlato nel post "mi piace na cifra" sono rovinato a terra dopo un rimbalzo ed è da due settimane che convivo col tallone sinistro gonfio e una distorsione di secondo grado con interessamento di tre legamenti, PAA, deltoideo centrale ed anteriore. Chi più ne ha più ne metta. Niente campetto per un mese e mezzo, una zoppia imbarazzante che mi limita parecchio sul lavoro -ma dal quale non mi posso sottrarre- come dalla musica del resto. Dopo due settimane senza prove iniziamo la preparazione di un breve ciclo di concerti che porterà i Pocket Chestnut al grazioso Gatto' di Milano (il 15 luglio) poi sempre in luglio a Ivrea e Padova, in agosto al Montestella di Milano e a settembre a Cardano al campo vicino a Varese. Nel link che incollo sotto ci esercitiamo a casa mia nella cover suonata tra i tanti da Nat King Cole, Chuck Berry e Rolling Stones. Il brano e' intitolato "Route 66".
http://youtu.be/KwZuKZJZVsw
http://youtu.be/KwZuKZJZVsw
mercoledì 19 giugno 2013
La mia maturità
Oggi è un giorno da prova d'esame per molti studenti e ovviamente quasi tutta la stampa nazionale e l'informazione televisiva si adopera a resuscitare i servizi dedicati ai maturandi e alle loro notti prima dell'esame. Ho usato un termine catacombale perché è evidente in questi casi il mortorio di fantasia che delle redazioni nel riproporre lo stesso servizio ogni anno. La prova d'Italiano che inaugura gli esami di maturità è di solito considerata la più accessibile, apre le porte alle prove più efferate e si vive con leggerezza ma anche con emozione e grande rispetto. Ho un amico che si diletta nell'interpretazione dei sogni e lo fa anche abbastanza bene, un po' perché ha una bellissima proprietà di linguaggio, un po' perché essendo laureato in psicologia mette nella sua disamina quel tocco di professionalità che non guasta. Il mio sogno ricorrente è a suo dire il sogno di molti: ripetere l'esame di maturità. La spiegazione più breve è quella di sentirsi sempre sotto esame e con il lavoro che faccio non mi stupisco di questa analisi superficiale. Così in queste ore (ogni tanto anche da sveglio) ricordo quel giorno di diciotto anni fa. Ero doppiamente ripetente e fui ammesso per il rotto della cuffia con delle lacune nelle materie più importanti: ragioneria e tecnica bancaria. Per le prove scritte uscì proprio tecnica e copiai tutto il compito. Negli orali me la cavai abbastanza degnamente ma a rendere un poco migliore il voto d'uscita fu naturalmente il tema di Italiano. Ai tempi i voti venivano espressi in sessantesimi, partendo dal trentasei. Mi diplomai con trentanove. Ricordo ancora il commento del presidente: "lei deve ringraziare la sua capacità di scrittura che poco si addice ad un istituto tecnico per ragionieri ma visto che nelle sue ambizioni c'è la volontà di iscriversi alla facoltà di lettere le faccio il mio in bocca al lupo e stia lontano dai numeri, anche perché è palese che lei la prova di tecnica l' ha copiata." Sono andato a cercarmi in rete la traccia d'esame ed ho trovato quella del '95, eccola qui:
Il Rapporto Censis sulla situazione del Paese 1994 analizza la odierna condizione dei giovani in un capitolo significativamente intitolato La solitudine del mondo giovanile. Dai dati statistici registrati e dalle relative annotazioni risulta che la grande maggioranza dei giovani vive di buon grado in famiglia, senza però condividerne mondo sentimentale e valori morali. Il 70% afferma infatti che "solo con gli amici può parlare liberamente".
Quali, a parere del candidato, le ragioni di questa apparente estraneità spirituale dei giovani alla famiglia? Può essere questa situazione imputabile esclusivamente ad un fenomeno generazionale? O vi sono invece altre ragioni? Quali?
Sviluppai questa traccia prima per me e poi per due compagni di classe completamente negati per i temi, non ricordo se quella che consegnai per me era la migliore ma ricordo bene che in una delle tre mi ero concentrato sul termine "matusa". Partendo dal suo significato letterale preso direttamente dal dizionario misi l'accento principalmente su come con l'avvento del progresso era cambiato il modo di educare i figli ribaltando una parte delle responsabilità di questa difficoltà di comunicazione sul mondo adulto, chiudendo un'analisi personale abbastanza qualunquistica sul fatto che gli amici seppur importanti in una fase di formazione, con la crescita si dilegueranno ed i valori del gruppo verranno demoliti nel tempo da quello che, magari anche inconsciamente, la nostra famiglia sta provando ad insegnarci. Oggi la penso esattamente come allora con una differenza sostanziale. A quei tempi ne scrivevo per muovere le corde emozionali della commissione oggi ne scrivo perché lo penso veramente.
Il Rapporto Censis sulla situazione del Paese 1994 analizza la odierna condizione dei giovani in un capitolo significativamente intitolato La solitudine del mondo giovanile. Dai dati statistici registrati e dalle relative annotazioni risulta che la grande maggioranza dei giovani vive di buon grado in famiglia, senza però condividerne mondo sentimentale e valori morali. Il 70% afferma infatti che "solo con gli amici può parlare liberamente".
Quali, a parere del candidato, le ragioni di questa apparente estraneità spirituale dei giovani alla famiglia? Può essere questa situazione imputabile esclusivamente ad un fenomeno generazionale? O vi sono invece altre ragioni? Quali?
Sviluppai questa traccia prima per me e poi per due compagni di classe completamente negati per i temi, non ricordo se quella che consegnai per me era la migliore ma ricordo bene che in una delle tre mi ero concentrato sul termine "matusa". Partendo dal suo significato letterale preso direttamente dal dizionario misi l'accento principalmente su come con l'avvento del progresso era cambiato il modo di educare i figli ribaltando una parte delle responsabilità di questa difficoltà di comunicazione sul mondo adulto, chiudendo un'analisi personale abbastanza qualunquistica sul fatto che gli amici seppur importanti in una fase di formazione, con la crescita si dilegueranno ed i valori del gruppo verranno demoliti nel tempo da quello che, magari anche inconsciamente, la nostra famiglia sta provando ad insegnarci. Oggi la penso esattamente come allora con una differenza sostanziale. A quei tempi ne scrivevo per muovere le corde emozionali della commissione oggi ne scrivo perché lo penso veramente.
martedì 18 giugno 2013
Condivido
In questo brevissimo pensiero di Massimo Bergamini c'è tutta la mia filosofia nel tenere con cura questo diario. Un amico "virtuale" è riuscito a dirlo con poche righe a differenza mia nel post d'esordio "avevo un blog".
martedì 11 giugno 2013
Incontri
In occasione degli ultimi due live dei 'pocket' abbiamo condiviso il palco con persone davvero interessanti. A Como ho conosciuto una parte dei Dotvibes, gruppo reggae torinese. Per l'occasione erano in duo, il batterista prestato alla chitarra acustica e la protagonista, una ragazza dai tratti decisi, voce fascinosa e con un bel modo di fare. Mi rimarrà in mente una frase legata ad uno scambio di vedute sul vivere di musica. Non ricordo bene perché siamo caduti sul discorso. Beh, la considerazione era: "se ti accontenti di vivere con seicento euro al mese allora vivi di musica". Al di la di questo frammento deprimente gli auguro tanta fortuna, persone serie mediamente altezzose ma con un grande talento e capacità tecniche notevoli. La voce in particolare ha quel timbro profondo che si fa ricordare piacevolmente. Sabato sera i miei complimenti sinceri con tanto di acquisto immediato di un loro disco sono andati al trio There will be blood, blues graffiante da Varese, ben suonato con due chitarre e batteria. Belle persone che mi hanno letteralmente trascinato fin sotto il palco a godermi il loro show canzone dopo canzone. Consapevolezza nei loro mezzi ma grande umiltà e modo di tenere il palco semplicemente perfetto. Sguardi, battute, simpatiche pose e attenzione anche ai particolari, come ornare un freddo tendone con un festone da rivendita di macchine americane perché anche un minimo di scenografia fa lo spettacolo.
Bravi ragazzi, strada giusta. twbeblood
Bravi ragazzi, strada giusta. twbeblood
sabato 8 giugno 2013
Stasera @ Bergamo
L'ultima volta che ho suonato all'Edonè di Bergamo è stata in questa occasione con le ceneri dei Kech in una di quelle rare rimpatriate, diciamo una o due volte all'anno, dove riusciamo nonostante l'oceano che ci separa, ad esibirci sotto il nome Kinola suonando principalmente i brani ''country-folk da solista" scritti da Nicola dal 2008 ad oggi. Il ricordo che ho dell' Edonè è limpido. Era una di quelle sere di gennaio in cui il freddo glaciale e la sensazione di congelarsi mettendo il naso appena fuori dal locale era amplificata dal vento pungente che si incuneava tra le valli bergamasche fino a raggiungere la città. Una pioggerellina fitta mista a neve nel tragitto tra furgone e la porta secondaria del locale per scaricare gli strumenti bagnava ogni cosa rendendo il piastrellato una pista da hockey su ghiaccio.
Ai lati di questo circuito ragazzi e ragazze ci guardavano con ammirazione, credo per come riuscivamo a mantenere l'equilibrio. Raramente ho visto un club nella bergamasca così colmo di giovani appassionati di musica. Con tutte quelle attenzioni facemmo un concerto impeccabile, ci riuscì tutto alla perfezione ed a me piacque in particolare un'evoluzione con le bacchette sull'ultimo colpo che agli occhi di chi mi stava osservando in quel momento sembro' un vero gioco di prestigio. Lanciare le bacchette in alto, farle roteare e riprenderle al volo, dal lato giusto dell'impugnatura perfettamente in linea per suonare l'ultimo crash proprio sulla chiusura di "wrong about something" è una "baracconata" da Motley Crue, roba che se non ti riesce la figura è pessima ma in quegli attimi concitati, una volta lanciata l'evoluzione, non si puo' tornare indietro ed a me riuscì splendidamente.
Stasera ci torno per un mini festival all'aperto, il tempo si sta guastando.
![]() |
la locandina del festival |
giovedì 6 giugno 2013
Mi piace "na cifra"
E' terminata la stagione che ha visto il mio rientro sul campo dopo quasi un ventennio di digiuno dalla palla a spicchi e, abbandonata la palestra, si è aperta ufficialmente la stagione estiva al campetto. Ieri prima sgambata animata da un gran divertimento, giocare all'aria aperta al termine della giornata di lavoro è a dir poco curativo per lo stress che si accumula tra i tessuti e dentro la testa di un lavoratore frustrato come me. La partitella al campetto mi ricorda certi playground americani che ho visto qualche anno fa a NY e in Indiana, a Bloomington per la precisione. Giacche, cravatte e pantaloni adagiati dietro il canestro e manager che si confrontano con ragazzini in sfide all'ultimo tiro, dimenticandosi per un po' del cellulare del tablet, delle commissioni, delle scadenze. L'unica responsabilità è quella di fare centro dentro al cesto e vincere la partita solo per la gloria.
Amo le statistiche e con pazienza le ho tenute annotate per tutta la stagione. Pur essendoci davvero poco di cui andare fiero (basti solo un dato: 1 vinta contro 21 perse ma con l'attenuante che giocavamo in una categoria superiore rispetto al potenziale della squadra da qualche anno impegnata in seconda divisione mentre oggi milita in prima) per gli annali le riporto qui sotto dettagliatamente.
Presenze: 20/22
Quintetto base: 8/20
Media minuti giocati per partita: 23,60
Punti totali: 41
Media punti per partita: 2,05
Tiri da due: 17/68 (25%)
Tiri da tre: 0/2
Tiri liberi: 7/32
Rimbalzi difensivi: 40
Rimbalzi offensivi: 31
Palle perse: 23
Palle rubate: 18
Stoppate: 11
Falli: 57
Assist: 15
Si puo' solo migliorare...
Intanto però di 22 giocatori effettivi ne sono stati selezionati 4 per il torneo di tre vs tre che si svolgerà in Piazza Trento e Trieste a Monza domenica prossima, ed io, amico dei fanatici, sono tra gli invitati del team:Fosforo:
Amo le statistiche e con pazienza le ho tenute annotate per tutta la stagione. Pur essendoci davvero poco di cui andare fiero (basti solo un dato: 1 vinta contro 21 perse ma con l'attenuante che giocavamo in una categoria superiore rispetto al potenziale della squadra da qualche anno impegnata in seconda divisione mentre oggi milita in prima) per gli annali le riporto qui sotto dettagliatamente.
Presenze: 20/22
Quintetto base: 8/20
Media minuti giocati per partita: 23,60
Punti totali: 41
Media punti per partita: 2,05
Tiri da due: 17/68 (25%)
Tiri da tre: 0/2
Tiri liberi: 7/32
Rimbalzi difensivi: 40
Rimbalzi offensivi: 31
Palle perse: 23
Palle rubate: 18
Stoppate: 11
Falli: 57
Assist: 15
Si puo' solo migliorare...
Intanto però di 22 giocatori effettivi ne sono stati selezionati 4 per il torneo di tre vs tre che si svolgerà in Piazza Trento e Trieste a Monza domenica prossima, ed io, amico dei fanatici, sono tra gli invitati del team:Fosforo:
mercoledì 5 giugno 2013
Week-end of the year
Sì, quello appena passato è stato proprio il fine settimana dell'anno. La promessa che si sono scambiati Francesca e Roberto (sabato scorso sono diventati miei cognati anche formalmente) ha dato il via ai festeggiamenti che si sono protratti fino al giorno successivo. La splendida cornice del Lago di Como e un tempo clemente sono stati gli ingredienti base di una ricetta riuscitissima. Con pochi mezzi, ma senza improvvisazione, la famiglia di mia moglie si è trasformata in una efficace agenzia di wedding planners astuti e ricchi di idee.
Poi c'è stato il fattore più importante per la riuscita di una festa, il pubblico, gli invitati insomma. Come in ogni cerimonia che si rispetti, il giusto ambiente sono in grado di crearlo i gentili ospiti, in questo caso ognuno col suo tocco di follia e originalità. Io ho fatto da cocchiere scortando la coppia di novelli sposi via lago a bordo del mio piccolo gommone di cui prossimamente scriverò, ed è stato un momento emozionante arrivare al luogo del primo rinfresco con decine di persone che applaudono e gridano "w gli sposi!" Per uno come me che si commuove anche di fronte al sindaco che legge allegramente gli articoli del codice civile è stato un modo per entrare in sintonia con molti invitati che non conoscevo personalmente. In ordine sparso si sono susseguiti baci, abbracci, brindisi, sorrisi, lunghe chiacchierate, fuochi d'artificio, lanci di petali, porzioni di carne alla piota, danze e riflessioni sulla vita.
Il giorno successivo dopo aver consumato gli avanzi ed aver ascoltato i commenti felici degli ultimi ospiti pronti a ripartire sono andato a Como per suonare all'Ostello Respaù con i Pocket Chestnut. Quello di Santa Brigida e Respaù è un contesto incredibile arroccato sui colli che dominano Como, il forte vento ha messo a dura prova il pubblico, semplicemente delizioso. Persone di tutte le età attente, silenziose ed affettuose, si sono sobbarcate una salita a piedi non proibitiva ma neanche agevole e sono scese a valle con il buio dopo aver atteso la fine del concerto e averci letteralmente sommerso di complimenti. Molte volte ci vuole davvero poco per essere felici basta creare i presupposti prima dentro se stessi per poi con piccoli gesti e la consuetà umiltà trasmettere agli altri solo sensazioni positive.
L'arrivo emozionato della sposa accompagnata dal raggiante Papà |
Poi c'è stato il fattore più importante per la riuscita di una festa, il pubblico, gli invitati insomma. Come in ogni cerimonia che si rispetti, il giusto ambiente sono in grado di crearlo i gentili ospiti, in questo caso ognuno col suo tocco di follia e originalità. Io ho fatto da cocchiere scortando la coppia di novelli sposi via lago a bordo del mio piccolo gommone di cui prossimamente scriverò, ed è stato un momento emozionante arrivare al luogo del primo rinfresco con decine di persone che applaudono e gridano "w gli sposi!" Per uno come me che si commuove anche di fronte al sindaco che legge allegramente gli articoli del codice civile è stato un modo per entrare in sintonia con molti invitati che non conoscevo personalmente. In ordine sparso si sono susseguiti baci, abbracci, brindisi, sorrisi, lunghe chiacchierate, fuochi d'artificio, lanci di petali, porzioni di carne alla piota, danze e riflessioni sulla vita.
Gli sposi consegnano le bomboniere |
Il giorno successivo dopo aver consumato gli avanzi ed aver ascoltato i commenti felici degli ultimi ospiti pronti a ripartire sono andato a Como per suonare all'Ostello Respaù con i Pocket Chestnut. Quello di Santa Brigida e Respaù è un contesto incredibile arroccato sui colli che dominano Como, il forte vento ha messo a dura prova il pubblico, semplicemente delizioso. Persone di tutte le età attente, silenziose ed affettuose, si sono sobbarcate una salita a piedi non proibitiva ma neanche agevole e sono scese a valle con il buio dopo aver atteso la fine del concerto e averci letteralmente sommerso di complimenti. Molte volte ci vuole davvero poco per essere felici basta creare i presupposti prima dentro se stessi per poi con piccoli gesti e la consuetà umiltà trasmettere agli altri solo sensazioni positive.
Appena terminato il concerto sono assediato da fans "maturi" |
lunedì 27 maggio 2013
Esami
Tutto inizia quando ci sono parecchie commissioni da fare, che poi intendiamoci sono quattro cose ma per un principino come me, come recentemente ho sentito definirmi a più riprese, sembrano tante. Lunedì di sole oggi, una mattinastupenda mi verrebbe da dire straordinaria se non per il fatto che ci sono cose da fare. Esame delle urine per me ed esame del sangue per George, il labrador dei miei, mio,di famiglia, come tutti i cani teneri per i quali vien facile volergli bene, di tutti. Nei primi raggi di sole veri di questa primavera che tarda ad arrivare sottoposti ai test torniamo verso casa, io e il mio cane che oggi dopo nove anni ho avvertito seriamente che fosse anche il mio, sulle note di "The division bell" mentre sbuca dal vano bagagli gli dico: "gran bel disco eh George?". Dopo qualche ora a casa riascoltando le note, come a farsi male nel rivedere certi particolari di questa mattina, il lato grottesco della crisi per dirla banalmente, o forse un sottile senso di disagio verso tutto che in ogni caso, anche solamente ascoltando una canzone, va ribattuto. Ecco scatto questa foto.
venerdì 24 maggio 2013
Terzo tattoo
Stamattina sfogliando velocemente il Corriere della sera ho letto un bell'approfondimento sul mondo dei tatuaggi, incollo la foto qui sotto.
Io adoro i tatuaggi. Mi piace vederli su corpi scolpiti dai muscoli e apprezzo anche chi li ''indossa'' volgarmente solo per il gusto di apparire tatuato. Ho sempre considerato il tatuaggio una vera forma d'arte. Nonostante i tanti ammonimenti da parte di genitori, fratelli ed amici a non disegnare in maniera irreversibile il mio corpo, nel 1993 ad Amsterdam facevo il mio primo tatuaggio, un piccolo sole che ride e fa l'occhiolino. Scelsi il braccio sinistro, proprio sotto il gomito e da inesperto sottovalutai l'esposizione al sole rovinando in pochi giorni gran parte del colore. Fui costretto a farlo ribattere. Dieci anni dopo a Monza mi sono fatto tatuare una luna piena sull'avambraccio sinistro. Un paio di settimane fa da un amico che ha un piccolo studio a Gorgonzola ho aggiunto il terzo tatuaggio della mia vita, una scimmietta dallo sguardo tenero e simpatico sulla parte alta delle schiena. Ripensare a venti anni fa, quando il tatuaggio seppure piccolo e scherzoso quasi come fosse una calcomania non era così diffuso e "semplice da portare", mi riporta alla mente il perchè di quella scelta. Erano i tempi in cui i Red hot chili peppers -che adoravo- sbancavano il mondo con il loro album di maggior successo "Blood sugar sex magik" e il booklet del disco li ritraeva spesso a torso nudo pieni di bellissimi tatuaggi. Nei video trovavo questo look molto attraente, anzi fighissimo. Poi venni a conoscenza che fuori dal mondo del rock il tatuaggio aveva nobili origini rispetto al luogo comune che vuole solo galeotti, camalli e marinai sfoggiare teschi, ancore e nomi di donne incisi su petto e bicipiti. Decisi di farlo. "Con un tatuaggio comunichiamo al mondo il nostro modo di essere" così c'è scritto in grande nel servizio del Corriere. Ah sì? Bella, balle. D'accordo, c'è un siginificato, il sole, la luna, il giorno e la notte, io che sono un po' così, da prendere per come sono la luce e il buio. L'omaggio ai Pink Floyd di ''The dark side of the moon'' e anche il fatto che spesso quando guido di notte vedere una bella luna non mi lascia indifferente. Lasciarmi accecare dal sole, poi lo trovo semplicemente inebriante, più di qualsiasi altro abbaglio. Ora c'è anche la scimmia, vuol dire qualcosa, puo' voler dire tanto, è il mio animale preferito e anche il posto dove giace e morirà ha un senso, ma in fondo il perchè di un tatuaggio non significa niente se non che, almeno tu, lo trovi bello.
Io adoro i tatuaggi. Mi piace vederli su corpi scolpiti dai muscoli e apprezzo anche chi li ''indossa'' volgarmente solo per il gusto di apparire tatuato. Ho sempre considerato il tatuaggio una vera forma d'arte. Nonostante i tanti ammonimenti da parte di genitori, fratelli ed amici a non disegnare in maniera irreversibile il mio corpo, nel 1993 ad Amsterdam facevo il mio primo tatuaggio, un piccolo sole che ride e fa l'occhiolino. Scelsi il braccio sinistro, proprio sotto il gomito e da inesperto sottovalutai l'esposizione al sole rovinando in pochi giorni gran parte del colore. Fui costretto a farlo ribattere. Dieci anni dopo a Monza mi sono fatto tatuare una luna piena sull'avambraccio sinistro. Un paio di settimane fa da un amico che ha un piccolo studio a Gorgonzola ho aggiunto il terzo tatuaggio della mia vita, una scimmietta dallo sguardo tenero e simpatico sulla parte alta delle schiena. Ripensare a venti anni fa, quando il tatuaggio seppure piccolo e scherzoso quasi come fosse una calcomania non era così diffuso e "semplice da portare", mi riporta alla mente il perchè di quella scelta. Erano i tempi in cui i Red hot chili peppers -che adoravo- sbancavano il mondo con il loro album di maggior successo "Blood sugar sex magik" e il booklet del disco li ritraeva spesso a torso nudo pieni di bellissimi tatuaggi. Nei video trovavo questo look molto attraente, anzi fighissimo. Poi venni a conoscenza che fuori dal mondo del rock il tatuaggio aveva nobili origini rispetto al luogo comune che vuole solo galeotti, camalli e marinai sfoggiare teschi, ancore e nomi di donne incisi su petto e bicipiti. Decisi di farlo. "Con un tatuaggio comunichiamo al mondo il nostro modo di essere" così c'è scritto in grande nel servizio del Corriere. Ah sì? Bella, balle. D'accordo, c'è un siginificato, il sole, la luna, il giorno e la notte, io che sono un po' così, da prendere per come sono la luce e il buio. L'omaggio ai Pink Floyd di ''The dark side of the moon'' e anche il fatto che spesso quando guido di notte vedere una bella luna non mi lascia indifferente. Lasciarmi accecare dal sole, poi lo trovo semplicemente inebriante, più di qualsiasi altro abbaglio. Ora c'è anche la scimmia, vuol dire qualcosa, puo' voler dire tanto, è il mio animale preferito e anche il posto dove giace e morirà ha un senso, ma in fondo il perchè di un tatuaggio non significa niente se non che, almeno tu, lo trovi bello.
giovedì 9 maggio 2013
Rico's Friends hall of fame: Lanfri
Non ho mai conosciuto un appassionato ascoltatore e collezionista di musica come Lanfri. In questa foto storica scattata negli anni '80 è esteticamente diverso da come l'ho conosciuto io tredici anni fa ma conserva dentro di sè la stessa anima "riot" di allora. Le nostre storie si sono incontrate nella concessionaria di automobili dove attualmente entrambi lavoriamo, io come venditore lui come responsabile tecnico di officina. Ricordo benissimo i miei primi giorni nel nuovo posto di lavoro, ero intento a presentarmi a tutti i collaboratori (ben sessantacinque distribuiti tra i vari reparti) e quando fu il momento di stringerci la mano ci fu subito feeling. Tra i vari convenevoli gli dissi che suonavo la batteria in un gruppo e lui si dimostro' subito molto interessato a scoprire la mia band, il genere musicale, i nostri gusti. La presi molto larga pensando di parlare di musica indie con uno sprovveduto e lui stette al gioco, avevo un demo con me e glielo regalai, era poco prima del pranzo. Nel primo pomeriggio venne da me con un cd senza custodia. Sul supporto non c'era scritto nessun nome solo un contagiri disegnato. Mi disse: "ascolta questi fanno la musica che fate voi, sono Italiani come voi, si chiamano Contagiri". Il disco era veramente interessante e la somiglianza col mio gruppo di allora era impressionante. Suoni, melodie, scelte di arrangiamento e la somiglianza della voce erano a dir poco imbarazzanti, aveva trovato un clone dei Kech nel giro di poche ore. Quando gli dissi che mi piacevano molto questi "Contagiri" lui si mise a ridere e continuo' per qualche ora a farmi credere che quelli fossero veramente una band nostrana formata da miei coetanei. Si trattava invece dei Panda, un gruppo americano che aveva pubblicato solo due album nei primi anni novanta e li aveva pescati tra i cinquemila titoli che compongono la sua invidiabile collezione. Da allora la nostra amicizia si sviluppa durante le pause lavorative dove trovo sempre un buon motivo per conoscere gli artisti più introvabili che la storia della musica ricordi. Nel fuoco con un amico sincero.
lunedì 22 aprile 2013
In attesa di un meritato riposo
Devo aver sottovalutato che avere impegni musicali, sportivi, coniugali e lavorativi con una frequenza totalmente fuori controllo mi avrebbe portato prima o poi a sentirmi stanco. Eccoci, l'arrivo della primavera rende fiacche molte persone ed io sono sicuramente tre quelle. Se il detto "aprile dolce dormire" ha un fondo di verità devo impegnarmi per far sì che questo avvenga e il ponte del venticinque aprile arriva al momento giusto per tentare un recupero delle forze che gradualmente mi stanno abbandonando. Tutto inizierà giovedì prossimo quando con i Pocket Chestnut sarò in concerto a Casale Monferrato, seconda trasferta piemontese di questo mese.
In concerto al Big Lebowsky di Novara |
giovedì 18 aprile 2013
Una vittoria
Con un inedito look in divisa spezzata abbiamo finalmente vinto la prima partita di questo campionato, nella foto sono di schiena a sinistra mentre mi accingo ad abbracciare Lorenzo che con un bomba da tre ci ha dato la speranza, diventata poi certezza, di realizzare i primi punti in classifica.
lunedì 8 aprile 2013
Califano, Fatica e una battuta al bar
Ci ha lasciato anche Franco Califano poche ore dopo Jannacci e appena appresa la notizia mi è tornato in mente un ricordo che risiede nel disco rigido della mia mente da circa vent'anni. Dopo la seconda bocciatura della mia pessima carriera scolastica, quando avevo diciotto anni e frequentavo la quarta ragioneria, mio padre penso' che era giusto mandarmi a lavorare per tutta l'estate nel bar di famiglia che da più di mezzo secolo è un punto di riferimento nel centro di Pisa, la mia città natale. Era il 1993 e quell'estate fu per me molto istruttiva. Di tutti gli errori commessi nella mia vita considero ancora l'insuccesso scolastico di allora quello più difficile da accettare, uno di quegli sbagli che se tornassi indietro farei di tutto per evitare. Che non fossi avvezzo al lavoro da barista lo capii in fretta e molto presto se ne accorse anche mio zio che insieme ad altri dipendenti conio' per il me il soprannome "Fatica". Dopo pochi giorni di servizio tutti mi chiamavano cosi'. Nonostante la scarsa attitudine al sacrificio cercai di impegnarmi al massimo delle forze per non deludere la mia famiglia e anche me stesso. I risultati furono comunque quelli sperati da mio padre cioè che quell'esperienza fosse utile a farmi capire quanto fosse diverso il mondo del lavoro rispetto alla scuola. Con qualche affanno, due anni dopo, mi diplomai ragioniere. Suonavo la batteria da poco tempo ed il fermento interiore era nel pieno fulgore verso il mondo della musica tutta. Quelli erano i tempi in cui Nirvana, Pearl Jam e Red hot chili peppers catalizzavano i miei ascolti. Presto sarebbero arrivati anche i Radiohead, "The division bell" dei Pink Floyd e tutti i gruppi indipendenti italiani figli dei "Dischi del mulo". Quel torrido agosto fu per me illuminante, ebbi l'opportunita' di scoprire la musica italiana di un tempo e lo feci grazie ai tanti dischi che coperti da qualche dito di polvere riempivano quello che una volta era lo studio di mio nonno Ruggero. Una volta finito il turno del pomeriggio ero smanioso di rientrare a casa e la prima cosa che facevo ricordo fosse accendere il giradischi per esplorare quella collezione fatta di 45, 78 e 33 giri. Mi trovai a scoprire tante canzoni stupende e tanti cantautori che ancora oggi ascolto con incanto. Mi riferisco in particolare a Luigi Tenco, Gino Paoli, Piero Ciampi, Bruno Lauzi, Lucio Battisti, Paolo Conte, Sergio Endrigo, Fabrizio De Andrè ma anche tantissimi altri da Domenico Modugno a Fred Bongusto. Se oggi mi sentite ascoltare un brano di Milva questa affezione proviene da quella estate trascorsa in Toscana. Mi piacevano gli arrangiamenti, le melodie i testi non-sense e quel sapore "antico" che fa ancora oggi dell' ascolto in vinile un'esperienza affascinante. In quell'immenso Juke box mancava però Franco Califano. Una mattina di fine agosto due clienti chiacchieravano di fronte al banco e mentre facevano colazione parlavano di musica. Uno di loro mi disse: "Fatica, te che sei sempre stanco dovresti ascoltare Califano, nelle sue parole c'è il tuo stile di vita". Io risposi: "mi sto appassionando ai cantautori Italiani, non lo conosco, mi piacerebbe ascoltarlo o meglio ancora vederlo in concerto, così all'improvviso, sarebbe stupendo trovarsi li' tra il pubblico, senza conoscerne il repertorio". I due clienti si guardarono e uno di loro mi rispose: "hai fatto tardi, deh. Ieri sera era in Capannina, noi siamo andati". Li guardai con ammirazione e chiesi: "beh, com'è stato?" la risposta secca fu: "ha tirato un'ora e mezza" poi senza aggiungere altro se ne andarono ridendo lasciandomi lì a caricare la lavastoviglie senza aver capito una squallida battuta.
sabato 30 marzo 2013
Se me lo dicevi prima
Sono triste per la morte di Enzo Jannacci che lo ha colto, non di sorpresa, la scorsa notte in una clinica milanese. Sapevo che era irrimediabilmente ammalato da tempo, ora che è arrivato il brutto momento riporto una delle strofe dei suoi testi che seppur nella sua banalità alla ricerca della rima mi ha sempre dato l'idea dell'ironia che sapeva metterci anche nella disperazione: "E allora sarà ancora bello. Quando tace il water. Quando spegni il boiler. Quando guardi il tunnel. Quando, quando senti il sole ". Ciao Enzo.
Iscriviti a:
Post (Atom)