Oggi è un giorno da prova d'esame per molti studenti e ovviamente quasi tutta la stampa nazionale e l'informazione televisiva si adopera a resuscitare i servizi dedicati ai maturandi e alle loro notti prima dell'esame. Ho usato un termine catacombale perché è evidente in questi casi il mortorio di fantasia che delle redazioni nel riproporre lo stesso servizio ogni anno. La prova d'Italiano che inaugura gli esami di maturità è di solito considerata la più accessibile, apre le porte alle prove più efferate e si vive con leggerezza ma anche con emozione e grande rispetto. Ho un amico che si diletta nell'interpretazione dei sogni e lo fa anche abbastanza bene, un po' perché ha una bellissima proprietà di linguaggio, un po' perché essendo laureato in psicologia mette nella sua disamina quel tocco di professionalità che non guasta. Il mio sogno ricorrente è a suo dire il sogno di molti: ripetere l'esame di maturità. La spiegazione più breve è quella di sentirsi sempre sotto esame e con il lavoro che faccio non mi stupisco di questa analisi superficiale. Così in queste ore (ogni tanto anche da sveglio) ricordo quel giorno di diciotto anni fa. Ero doppiamente ripetente e fui ammesso per il rotto della cuffia con delle lacune nelle materie più importanti: ragioneria e tecnica bancaria. Per le prove scritte uscì proprio tecnica e copiai tutto il compito. Negli orali me la cavai abbastanza degnamente ma a rendere un poco migliore il voto d'uscita fu naturalmente il tema di Italiano. Ai tempi i voti venivano espressi in sessantesimi, partendo dal trentasei. Mi diplomai con trentanove. Ricordo ancora il commento del presidente: "lei deve ringraziare la sua capacità di scrittura che poco si addice ad un istituto tecnico per ragionieri ma visto che nelle sue ambizioni c'è la volontà di iscriversi alla facoltà di lettere le faccio il mio in bocca al lupo e stia lontano dai numeri, anche perché è palese che lei la prova di tecnica l' ha copiata." Sono andato a cercarmi in rete la traccia d'esame ed ho trovato quella del '95, eccola qui:
Il Rapporto Censis sulla situazione del Paese 1994 analizza la odierna condizione dei giovani in un capitolo significativamente intitolato La solitudine del mondo giovanile. Dai dati statistici registrati e dalle relative annotazioni risulta che la grande maggioranza dei giovani vive di buon grado in famiglia, senza però condividerne mondo sentimentale e valori morali. Il 70% afferma infatti che "solo con gli amici può parlare liberamente".
Quali, a parere del candidato, le ragioni di questa apparente estraneità spirituale dei giovani alla famiglia? Può essere questa situazione imputabile esclusivamente ad un fenomeno generazionale? O vi sono invece altre ragioni? Quali?
Sviluppai questa traccia prima per me e poi per due compagni di classe completamente negati per i temi, non ricordo se quella che consegnai per me era la migliore ma ricordo bene che in una delle tre mi ero concentrato sul termine "matusa". Partendo dal suo significato letterale preso direttamente dal dizionario misi l'accento principalmente su come con l'avvento del progresso era cambiato il modo di educare i figli ribaltando una parte delle responsabilità di questa difficoltà di comunicazione sul mondo adulto, chiudendo un'analisi personale abbastanza qualunquistica sul fatto che gli amici seppur importanti in una fase di formazione, con la crescita si dilegueranno ed i valori del gruppo verranno demoliti nel tempo da quello che, magari anche inconsciamente, la nostra famiglia sta provando ad insegnarci. Oggi la penso esattamente come allora con una differenza sostanziale. A quei tempi ne scrivevo per muovere le corde emozionali della commissione oggi ne scrivo perché lo penso veramente.
Fantastico post! Talento da vendere... Chissà magari dopo i 40 sarai uno scrittore! Una lettrice c'è' già .....
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