lunedì 8 aprile 2013

Califano, Fatica e una battuta al bar

Ci ha lasciato anche Franco Califano poche ore dopo Jannacci e appena appresa la notizia mi è tornato in mente un ricordo che risiede nel disco rigido della mia mente da circa vent'anni. Dopo la seconda bocciatura della mia pessima carriera scolastica, quando avevo diciotto anni e frequentavo la quarta ragioneria, mio padre penso' che era giusto mandarmi a lavorare per tutta l'estate nel bar di famiglia che da più di mezzo secolo è un punto di riferimento nel centro di Pisa, la mia città natale. Era il 1993 e quell'estate fu per me molto istruttiva. Di tutti gli errori commessi nella mia vita considero ancora l'insuccesso scolastico di allora quello più difficile da accettare, uno di quegli sbagli che se tornassi indietro farei di tutto per evitare. Che non fossi avvezzo al lavoro da barista lo capii in fretta e molto presto se ne accorse anche mio zio che insieme ad altri dipendenti conio' per il me il soprannome "Fatica". Dopo pochi giorni di servizio tutti mi chiamavano cosi'. Nonostante la scarsa attitudine al sacrificio cercai di impegnarmi al massimo delle forze per non deludere la mia famiglia e anche me stesso. I risultati furono comunque quelli sperati da mio padre cioè che quell'esperienza fosse utile a farmi capire quanto fosse diverso il mondo del lavoro rispetto alla scuola. Con qualche affanno, due anni dopo, mi diplomai ragioniere. Suonavo la batteria da poco tempo ed il fermento interiore era nel pieno fulgore verso il mondo della musica tutta. Quelli erano i tempi in cui Nirvana, Pearl Jam e Red hot chili peppers catalizzavano i miei ascolti. Presto sarebbero arrivati anche i Radiohead, "The division bell" dei Pink Floyd e tutti i gruppi indipendenti italiani figli dei "Dischi del mulo".  Quel torrido agosto fu per me illuminante, ebbi l'opportunita' di scoprire la musica italiana di un tempo e lo feci grazie ai tanti dischi che coperti da qualche dito di polvere riempivano quello che una volta era lo studio di mio nonno Ruggero. Una volta finito il turno del pomeriggio ero smanioso di rientrare a casa e la prima cosa che facevo ricordo fosse accendere il giradischi per esplorare quella collezione fatta di 45, 78 e 33 giri. Mi trovai a scoprire tante canzoni stupende e tanti cantautori che ancora oggi ascolto con incanto. Mi riferisco in particolare a Luigi Tenco, Gino Paoli, Piero Ciampi, Bruno Lauzi, Lucio Battisti, Paolo Conte, Sergio Endrigo, Fabrizio De Andrè ma anche tantissimi altri da Domenico Modugno a Fred Bongusto. Se oggi mi sentite ascoltare un brano di Milva questa affezione proviene da quella estate trascorsa in Toscana. Mi piacevano gli arrangiamenti, le melodie  i testi non-sense e quel sapore "antico" che fa ancora oggi dell' ascolto in vinile un'esperienza affascinante. In quell'immenso Juke box mancava però Franco Califano. Una mattina di fine agosto due clienti chiacchieravano di fronte al banco e mentre facevano colazione parlavano di musica. Uno di loro mi disse: "Fatica, te che sei sempre stanco dovresti ascoltare Califano, nelle sue parole c'è il tuo stile di vita". Io risposi: "mi sto appassionando ai cantautori Italiani, non lo conosco, mi piacerebbe ascoltarlo o meglio ancora vederlo in concerto, così all'improvviso, sarebbe stupendo trovarsi li' tra il pubblico, senza conoscerne il repertorio". I due clienti si guardarono e uno di loro mi rispose: "hai fatto tardi, deh. Ieri sera era in Capannina, noi siamo andati". Li guardai con ammirazione e chiesi: "beh, com'è stato?" la risposta secca fu: "ha tirato un'ora e mezza" poi senza aggiungere altro se ne andarono ridendo lasciandomi lì a caricare la lavastoviglie senza aver capito una squallida battuta.

Nessun commento:

Posta un commento