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I Kech durante la registrazione di Join The cousins, nov/dic 2004 |
Il 2015 che arriverà segnerà una ricorrenza che probabilmente racconterò qui sul blog. Dieci anni fa, nel 2005 venivano stampati "Join the Cousins" dei Kech e "70" dei Primodraft, due dischi in cui sono certo di aver dato oltre al contributo batteristico e vocale (per quanto riguarda i cori) anche diversi spunti creativi. Colgo l'occasione per parlarne oggi perchè entrambi i dischi furono registrati in questo periodo, tra novembre e dicembre nel 2004 e in questo post desidero più che ricordare le canzoni, fotografare quei giorni, le suggestioni, le attese, le emozioni e i ricordi collegati a questa doppia esperienza.
Con i Kech alla fine del 2004 eravamo una band molto rodata, avevamo sulle spalle un centinaio di concerti e in alcuni di questi eventi avevamo l'impressione che la macchina che si muoveva intorno al gruppo fosse diventata più affidabile e potente. Il disco precedente era andato bene, aveva raccolto tante recensioni positive e nel mondo indie rock qualcuno parlava di noi. Per la prima volta da quando il gruppo si era formato avevamo delle persone che ci chiedevano di fare un disco nuovo ed erano disposte ad investirci dei soldi. Volevamo tutti riuscire al meglio in questa impresa, ricordo che affittai una batteria in acero bellissima e ogni sera tornavo a casa soddisfatto del lavoro svolto anche se in cabina di regia il fonico imprecava contro di me criticando il mio stile, le mie imprecisioni e generalmente sembrava condividere ben poco dei miei arrangiamenti. Lo studio dove registrammo mi stupì appena entrai. Io immaginavo una sala di ripresa con gli strumenti montati e invece sembrava di entrare in un normalissimo bilocale con una stanza stretta e lunga e sulla parete corta un piccolo vetro che lasciava intravedere la sala di regia. La batteria fu montata proprio davanti al vetro, davo le spalle al fonico che mi parlava attraverso le cuffie. Alla fine di ogni singola take chiedevo "come va?" e la risposta era: "ottimo, vai avanti così ma fanne ancora una" quando dimenticava di chiudere la comunicazione e il microfono restava aperto riuscivo a sentire la coda delle sue considerazioni che in maniera netta recitava un eloquente "fa cagare!". Alcuni momenti slegati dalla musica furono comunque indimenticabili. Il momento dello scatto della foto che ho incollato sopra per esempio. In quel periodo Nicola lavorava alla dipendenze di un'azienda che lo avevo inserito a stretto contatto con un manager appassionato di musica. Mi sembra che sapesse suonare anche la chitarra e tra i tanti hobby aveva anche quello della fotografia. Nonostante almeno 3/5 dei Kech non amassero apparire in foto non riuscimmo a dire di no alla sua voglia di fotografarci in studio e tra una registrazione e l'altra ci abbandonammo ad uno shooting fotografico sia in interno che in esterno. I risultati furono molto belli, ma non utilizzammo mai nessuna di quelle foto eccezion fatta per la locandina di un concerto a Bergamo sotto il nome Kinola quattro anni fa.
Con i Primodraft decidemmo di registrare un album per mettere un sigillo a tre anni di prove, le idee erano tante ma non tutte perfettamente a fuoco, forse perchè ci ritrovammo a registrare dei brani che avevamo composto anni prima e ci avevano ormai stancato. Per l'amicizia che mi legava ad ogni singolo componenente della band non saltavo mai un appuntamento, quando gli impegni dei Kech si moltiplicarono finii con l'essere logorato da questo sdoppiamento. Volevo continuare a suonare con entrambi i gruppi, avevo un'energia che spesso mi abbandonava improvvisamente ma trovavo sempre il modo di esserci, correndo il forte rischio di fare male con entrambi. Se con i Kech mi impegnavo molto a livello compositivo e di arrangiamento con i Primodraft mi accontentavo della prima bozza che reputavo decente e quindi con tante teste pensanti al lavoro delegavo ed avallavo scelte che poi, una volta terminato il disco, sarebbero diventate fonte di incomprensioni. Uno dei punti chiave fu la scelta di Francesco di cantare un po' in inglese ed un po' in italiano, non una sfumatura ma una delle caratteristiche di tutto l'album. Non ero per niente convinto ma feci finta di niente pensando stupidamente che il bel telaio di suoni sarebbe riuscito a compensare le parti in inglese che, oltre ad essere un po' sgrammaticate erano anche cantate con una pronuncia poco credibile. Quella lunga settimana trascorsa al Bips (la foto profilo di questo blog fu scattata in quei giorni) mi ha insegnato molte cose riguardanti il dietro le quinte di un disco, tutto quello che c'è attorno a una band mentre tenta di lasciare la sua traccia nell'universo musicale, umori e sensazioni che tra una pausa e l'altra fanno passare velocemente le ore e trasformano una giornata iniziata con esaltazione in frustrazione e viceversa.
Questi due album sono gli ultimi che ho registrato senza l'uso del click. Ci ho scherzato tante volte e in alcune circostanze questo mio limite di non saper andare a tempo con il metronomo in cuffia divenne fonte di discussione sia con i Kech che con i Primodraft. Il mio disagio era provocato dal fatto che nessuno era stato in grado di farmi capire come poter gestire una registrazione di batteria a click e quale fosse il metodo per riuscirci pur non essendo un "professionista". Proprio questa parola in quegli anni divenne più frequente di qualsiasi imprecazione. Ci fu poi un'illuminazione circa un anno dopo le registrazioni, Marit la batterista dei Caesar (un gruppo Olandese con il quale avevamo stretto una bella amicizia e anche una collaborazione tradotta nella stampa di 'Pop Team/Alcatraz' un 45 giri condiviso) spiego' a tutti come stavano registrando dei provini. Lei e Sam registravano in diretta basso e batteria suonando contemporaneamente nella stessa stanza con una bozza chiamata guida preregistrata in cuffia e appunto il click a dettare tempi e velocità. Da allora la faccenda del registrare senza click per me fu definitivamente archiviata. Prima di quel giorno, forse per difendermi dicevo che senza il click il disco sarebbe stato più vero, più "live" come se stessimo suonando in concerto. Sapevo benissimo che era un debole alibi. Uno dei miei amici musicali più cari, Marco Ferrara il primo bassista della band di Cristina Donà, mi scrisse una mail lunghissima in cui deluso da un mio atteggiamento (sempre legato al "professionismo" e all'uso del click) mi esortava a guardare certe cose da una prospettiva diversa, qualcosa tra noi si incrino' ma negli anni seguenti siamo stati in grado di riderci su. Quella mail aveva per oggetto il titolo di questo post: "click & friends".