Nel ciclo di post che andranno a costituire la squadra dei miei sogni, oggi aggiungo il terzo giocatore, dopo Massimo Ambrosini e Gianluca Signorini è il turno di un attaccante che risponde al nome di Marco Van Basten. Il "Cigno di Utrecht", questo è il soprannome coniato da un giornalista per sottolineare l'eleganza dei movimenti del fuoriclasse olandese, è il più grande centravanti che abbia mai visto giocare. Rimasto in attività fino a ventinove anni vivendo da campione una carriera ricca di successi interrotta troppo presto per seri e ripetuti problemi ad una caviglia Van Basten mi ha fatto alzare i pugni al cielo più di un centinaio di volte.
I suoi gol spettacolari (spesso decisivi) erano figli del gioco corale "inventato" dal Milan di Sacchi, quello del pressing asfissiante e del cosiddetto "gioco totale". Potrei citare i gol di testa, quelli in mezza rovesciata da posizioni impossibili, la sua infallibilità dagli undici metri quando prima di prendere la rincorsa faceva sempre quel saltino che spiazzava il portiere e tranquillizzava gli spalti, i tiri dal limite dell'area all'incrocio dei pali (come contro l'Empoli il giorno del suo rientro nel 1989 dopo sette mesi di stop) ma il ricordo che lascio in Mondorico è il giorno del suo addio al calcio. Un giornalista che porta il mio cognome (Alberto Costa) scrisse questo articolo che ho cercato negli archivi del Corriere della Sera. La sera del 18 agosto agosto di diciannove anni fa al Meazza si disputava il Trofeo Berlusconi, una boiata di memorial inventata dal presidente per ricordare suo padra la cui formula prevede ancora oggi una partita secca tra Milan e Juventus (in origine alle prime edizioni del trofeo potevano essere invitate solo le squadre che hanno vinto almeno una champions o coppa campioni).
Quella sera andai allo stadio per salutare Van Basten e molti tifosi rimasti a Milano in agosto riempirono lo stadio per vedere l'ultima volta in campo il più grande di tutti dai tempi di Rivera. Fu straziante vedere il Cigno di Utrecht fare un giro di campo vestito con camicia bianca giacchetta di renna e jeans salutare mestamente il pubblico e raccogliere la standing ovation commossa di tutti i tifosi. Nello sguardo di tanti volti immaginai il pensiero che io stavo facendo in quel momento, rivedere Van Basten mentre faceva il giro di campo con una coppa (o con il pallone d'oro che vinse per tre volte) sopra la testa vestito in divisa da gara. Non sarebbe mai più successo. Dopo di lui tanti campioni gonfieranno la rete per il Milan, ne cito solo alcuni, i più prolifici: Savicevic, Papin, Kluivert, Weah, Shevchenko, Inzaghi, Ronaldinho, Ibrahimovic ma citando il titolo di un film un appassionato di calcio sa benissimo che "come lui nessuno mai". Oggi leggo sulle cronache sportive che dopo la morte del padre Van Basten sta attraversando un brutto periodo di depressione. Serve a poco ma non puo' mancare il mio incitamento: forza campione!
Eroi nel vento è una canzone dei Litfiba, una delle prime della loro produzione, non c'entra un bel niente con questo tema ma mi piaceva molto come titolo, così, liberamente, me ne servo.
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