Sono stato un appassionato ascoltatore della musica di David Bowie nella seconda metà degli anni novanta. Ho adorato la sua produzione di quegli anni, specialmente gli album "Outside", "Earthling" e "Hours" oltre a spolverare ascolti distratti dei suoi successi passati, specialmente "Station to Station" e "The man who sold the world". Non appena ho sentito alla radio la notizia della sua morte mi sono rattristato perché oltre ad apprezzare il talento e la ricerca musicale di Bowie l'ho sempre considerato una delle persone più affascinanti ed eleganti di tutto lo show business mondiale. Seppur non giovanissimo se ne è andato presto, mi sarebbe garbato vederlo invecchiare con il suo impeccabile stile almeno in video e foto considerato che non ho avuto la fortuna di assistere ad un suo concerto dal vivo e già da qualche anno aveva ufficialmente abbandonato le scene. Dopo aver visto nei vari telegiornali toccanti servizi e dopo aver letto tanti post su Facebook mi sono tornati in mente due ricordi che mi legano a Bowie. Il primo risale a circa dieci anni fa quando con i Kech raggiungevamo in furgone le tappe dei nostri concerti. Uno dei passatempi preferiti nei lunghi trasferimenti era far compagnia al guidatore e al resto della banda mettendo musica archiviata nei nostri ipod. Il sedile del passeggero era riservato al "Dj" e a colpi di playlist ognuno di noi cercava con i propri gusti di tenere alto il morale della truppa. Quando arrivava il turno di Ema, il bassista che ci supportava dal vivo, era solito mettere il brano "Space Oddity" e ce la presentava sempre come la canzone perfetta attirando su di sé le critiche per un'esternazione che a molti di noi sembrava un tantino esagerata. Ema ha sempre avuto un debole per Morgan che è un noto "Bowieano" e ricordo che lo prendevamo sempre un po' in giro per questa sua passione. Nel gruppo in cui Ema cantava e suonava la chitarra, i Gringoise, uno dei brani più riusciti e simpatici era intitolato dandypunk e nel ritornello citava i Ramones e il Major Tom di Space Oddity. Mi è venuto quasi spontaneo ascoltare quel brano e i ricordi di quei tempi ormai passati sono affiorati vividi come se fossi ancora a bordo del Transporter bianco intento a raggiungere una nuova località dove suonare. L'altro ricordo che ho di Bowie risale alla mia infanzia e ad un quadretto a specchio appeso alla parete della camera di mia sorella Federica. Quando un giorno decise di andare a vivere per conto proprio a Roma per iniziare a lavorare in Alitalia ereditai la sua ex camera e proprio sopra la testata del letto, di fianco ai poster di Miguel Bosè che feci sparire all'istante, c'era l'immagine di Bowie che incollo qui sotto. Mi piaceva quello sguardo e decisi di non rimuovere il quadretto. Per un lungo decennio è stata una delle prime cose che mi trovavo di fronte agli occhi appena sveglio e lo voglio ricordare così.
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