Quando uscì sul mercato questo 33 giri avevo tredici anni e da quando ne avevo dieci -per osmosi oppure "chiamiamola" vicinanza di camera- grazie alla passione di mio fratello maggiore Massimo e di alcuni suoi coetanei per questa band anglosassone, mi ero abituato ad apprezzare un modo di cantare insolito, impostato e slabbrato nello stesso tempo. Quello stile, altamente evocativo nei testi e nel modo di interpretarli ha la firma di Derek William Dick e per moltissimi esperti non è altro che la copia di quello che Peter Gabriel e soci avevano già proposto anni prima con i famosissimi Genesis. Questo parere limitato e superficiale sulla bocca di chi conosceva molto bene la produzione dei più blasonati Collins e soci e molto meno quella dei presunti copioni, l'ho sempre fortemente contestato. I Marillion sono un gruppo che per i collezionisti di musica può appartenere a un genere circoscritto fatto di ascoltatori figli dei del neo progressive rock, sfigati coi brufoli non del tutto metallari ma attratti dalle borchie sul giubbotto e amanti dalle copertine variopinte dei dischi con disegni che raccontano una storia prima di appoggiare la puntina sul disco. Per me è troppo limitante considerarli dei cloni. Attraverso il suo frontman gli appassionati dei Marillion, hanno conosciuto cosa significa avere un cantante con carisma e possono vantarsi di essere membri di un' associazione immaginaria che ricorda la fratellanza dei nati sotto il segno di Fish. Ho incontrato persone che portavano tatuato sui loro deltoidi il logo del cantante usato poi nella sua carriera solista, ho conosciuto persone alle quali bastava sapere che fossi un estimatore del lungagnone scozzese per considerarmi amico per la vita. Ho potuto constatare quell'unione che porta uomini e donne a considerare Fish una divinità e quando c'è qualcosa che non va mettere su un disco della produzione anni '80 dei Marillion per gridare baldanzosi al perfetto sconosciuto: "Molto bene, ti presento il mio amico Fish, è alto due metri e ora te ne canta quattro, io faccio i cori sulla sua voce, poi ne riparliamo."
Carnevale 1990 vestito da giullare come Fish nei tour dei Marillion |
Ancora oggi "Clutching at straws" è un album con il quale mi rilasso e reagisco ai malumori, magari in alcuni tratti mi intristisco un po' a rileggere la storia che ne lega le canzoni; un racconto pregno di alcol e dipendenze, di fallimenti e insuccessi con i quali posso in altri contesti fare i conti anche io, ma che alla fine mi porta sempre ad amare quel bestione dalla voce e dal carisma inimitabile. L'adorazione per Fish resta indelebile, un affetto ed un senso appartenenza a una casta che mi ha portato nel 2007 a festeggiare a Milano il ventennale dell'uscita di questo disco che porterei con me nella valigetta dei ricordi in qualsiasi vita per insegnare a tutti che, prima di esprimere un giudizio sui Marillion, forse bisognerebbe ascoltarli per anni con la dedizione che merita qualsiasi artista che possa sembrare la copia di qualcun altro, solo così ci si può rendere conto invece della loro unicità.
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