lunedì 27 aprile 2015

Un ex fantasma

Per qualche giorno il blog si è trasferito in un quaderno ed ha ripreso la forma originale del diario scritto su carta proprio come facevo venticinque anni fa. Il motivo è da ricondurre più che alla mancanza di una connessione alla voglia di lasciare scritta a mano un'esperienza che mi ha segnato e credo mi porterò dentro per il resto della mia vita. Negli ultimi anni il mio lavoro è molto cambiato, le grandi ambizioni della casa automoblistica per cui vendo i prodotti sono cresciute smisuratamente, dobbiamo essere sempre i numeri uno del mercato, la crisi economica nel Paese ha esasperato ogni cosa. Sono abituato da sedici anni a trattare quotidianamente con i clienti, ho una mia partita iva, vengo retribuito in funzione di quanto vendo e come vendo, non ho un fisso mensile, non ho ferie pagate, non ho malattia pagata, non ho tfr, lavoro il sabato, ogni tanto anche di domenica. Sono un'azienda nell'azienda, una concessionaria di automobili. La mia professione è mentalmente faticosa, massacrante per cio' che riguarda le performance da mantenere e le continue valutazioni che ne conseguono, ma ho un lavoro e di questi tempi non è poco. Lo difendo con i denti questo mio lavoro, ne vado fiero, amo fottutamente quello che faccio più di me stesso e fin da quando ero poco più che un ragazzo mi impegno in maniera inflessibile per migliorarmi ed imparare nuove cose di quel mondo fantastico che non è mai routine perchè ogni persona è diversa dall'altra. Svolgo le mie mansioni con la stessa umiltà con cui ho iniziato il primo di tanti giorni fa. Cerco di adeguarmi a come si evolve il mercato, lo faccio con abnegazione, non mollo anche nei momenti di maggior sconforto, vivo -qui e ora- tutte le situazioni, non penso al domani, mi reinvento ogni mattina, provo a scoprire nuovi approcci e a scardinare le abitudini. Sono onesto.

 Circa due anni fa inizio a sentire che ci sono momenti in cui mi sento solo, non mi riconosco con l'operato dei colleghi, sento che le mie idee per migliorarci non sono ascoltate, vedo i clienti che cambiano e io non riesco ad adeguarmi rapidamente, quando trovo il modo è già troppo tardi. Cerco ma non ottengo il conforto e gli stimoli nei manager che ci coordinano, mi ripetono che le motivazioni me le devo trovare da solo. Accumulo soldi ma non ho tempo di spenderli. Il mercato si fa sempre più incasinato, entro ogni giorno nel tritacarne ma vado avanti. Alcuni giorni sono brillanti e luminosi come lo erano una volta, altri sono tremendente bui e tempestosi. Inizio a dormire poche ore, nel non riposo mi sento male, la schiena, il basso ventre, il collo mi tormentano. Qualche notte le gambe si irrigidiscono come due remi.  Mi sveglio nel cuore della notte perchè faccio brutti sogni, penso ai clienti come nemici, salto la colazione, a pranzo e a cena mangio poco e male, sento lo stomaco che si contorce, accumulo rabbia, tristezza, paura e sensi di colpa. Un mese fa alle tre del pomeriggio, tra un cliente e l'altro vado in bagno. Apro la porta la richiudo a chiave dietro di me con un gesto meccanico. Appoggio la giacca all'appendino e inizio a sentire che le pareti si avvicinano fino a schiacciarmi, mi sudano le mani, poi la schiena, le ascelle inziano a gocciolare sudore freddo, sento lo scorrere lento del sudore ghiacciato come lacrime lungo i fianchi. Vedo offuscato, poi non ho più niente di fronte a me. E' tutto nero, per qualche secondo non riesco a capire dove sono. Si bloccano le braccia, le sento rigide, non riesco a piegarle, le dita delle mani sono rapite da un fastidioso formicolio che parte da sotto le unghie e arriva fino alle nocche. Non riesco a riaprire la porta, mi tremano le gambe. Mi siedo sul water senza abbassarmi i pantaloni, devo fare pipì ma non riesco a sbottonarmi,  mi sento risucchiare verso il basso, in bocca ho un sapore strano, acre, assomiglia al succo di pompelmo. Sulla lingua avverto la stessa sensazione che si prova quando da bambini si appoggiano le labbra inumidite sulle pile. Vorrei tossire ma non ci riesco, mi manca il respiro allungo le braccia verso la serratura, riesco ad aprirla e mi sento sollevato, sono salvo. Rimango un po' seduto sulla tazza del water poi mi alzo lentamente ed esco dalla porta. Mi gira la testa ma inizio a sentirmi meglio. Avvicino il mio corpo ai lavandini per sciacquarmi la faccia, penso ai risultati delle vendite, alla chiusura del trimestre, a come sono messo in classifica. Quando mi asciugo incontro il mio sguardo nella grande specchiera che ricopre tutta la parete. Per avere riconoscimenti bisogna riconoscersi. Non mi riconosco, sembro un fantasma. Anche a casa, negli specchi, la mia immagine riflessa appare deformata. 

Vado a farmi delle analisi, dopo qualche giorno torno a prenderle e mi faccio accompagnare dal medico perchè ho paura di andarci. Prendo degli impegni ma non li rispetto, preparo la borsa per andare agli allenamenti ma prima di uscire mi blocco e resto a casa. Fisso le prove con il gruppo, arrivo davanti alla sala prove ma decido di tornare a casa, vado al lavoro ma quando entra un cliente mi nascondo per non parlarci. Racconto al dottore cosa mi succede in maniera confusa, lui legge le analisi e dice che non vanno per niente bene, bisogna fare degli accertamenti. Mi manda da uno specialista che mi ascolta e decide di ricoverarmi. Accumulo di stress lavorativo, attacchi di panico, ansia, mancanza di ferro, calo vitaminico, pressione molto alta. Resto in ospedale dieci giorni e sul diario scrivo giorno per giorno le mie sensazioni, le terapie, le persone del reparto, gli infermieri. Scrivo degli operatori socio sanitari, dei medici, dei pazienti. Mi danno delle vitamine al mattino dopo la colazione, poi prima di pranzo e infine durante la cena. Mi fanno delle flebo e ogni giorno oltre ad un colloquio di circa 1h e mezza con un medico mi sottopongono ai più svariati esami. Sangue, urine, elettrocardiogramma, pressione, risonanze, TAC. Mando una comunicazione scritta ai miei titolari ed ai colleghi, per un mese non andro' al lavoro. Inizio un percorso di ricostruzione, allontano tutte le cattive abitudini e noto i progressi giorno dopo giorno. Gli esiti degli esami ecludono tutte le patologie più gravi. Al mattino quando mi lavo nel piccolo bagno della camera ascolto gli Sparklehorse, l'album intitolato "Good morning spider" che Mark Linkous ha scritto quando era ricoverato in clinica dopo un tentato suicidio. Ogni giorno mi sento sempre meglio, recupero le energie fisiche e lavoro per ritrovare quelle mentali. Ci sono giorni in cui mi sento più giovane di venti anni. Intorno a me sento un affetto che ha dimensioni immense. Mi scrivono amici, colleghi, compagni di musica e di squadra. Non rispondo mai e questo silenzio non fa altro che incrementare la loro corrispondenza. Permetto ai miei genitori, mio fratello e ovviamente a mia moglie di venirmi a trovare in reparto. Quando arrivano scendiamo nel parco della clinica, facciamo delle lunghe passeggiate e parliamo molto. Ho l'opportunità di dire a mio padre delle cose che desideravo dirgli da anni ma non trovavo mai il coraggio di farlo. Spesso mi capita di piangere, distribuisco abbracci forti, la mia testa impara a pensare di nuovo positivamente. Mi abituo a bere tre litri di acqua al giorno, quando mi guardo allo specchio ho un viso disteso, gli occhi sono vivi, brillano,  sono meno scavato e niveo rispetto a un mese fa, l'alito non è più pesante, respiro bene, ho molto appetito, mi sento vivo. Sono rimasto ricoverato a Ville Turro dal 7 aprile fino alla mattina del 17. In quei giorni il sole è sempre stato presente, alto, caldo come in estate. Il giorno in cui mi hanno dimesso invece pioveva in modo fitto. Quelle goccioline hanno lavato il malessere trasformandolo in benessere restituendomi al mondo dei sani. Mentre scrivo sono a casa da nove giorni, vado in bicicletta, faccio lunghe camminate al parco, ho ricominciato a giocare a basket e a suonare, leggo molto, faccio giardinaggio, mi riprendo la mia vita. Dormo grazie all'aiuto di un basso dosaggio di quietiapina e ho iniziato un percorso di coaching per rientrare al meglio nell'ambiente di lavoro.


Il diario che ho scritto durante il ricovero

 
Il primo giorno in ospedale
 
Il rientro a casa accolto dalla fioritura del glicine

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