Tutto inizia quando ci sono parecchie commissioni da fare, che poi intendiamoci sono quattro cose ma per un principino come me, come recentemente ho sentito definirmi a più riprese, sembrano tante. Lunedì di sole oggi, una mattinastupenda mi verrebbe da dire straordinaria se non per il fatto che ci sono cose da fare. Esame delle urine per me ed esame del sangue per George, il labrador dei miei, mio,di famiglia, come tutti i cani teneri per i quali vien facile volergli bene, di tutti. Nei primi raggi di sole veri di questa primavera che tarda ad arrivare sottoposti ai test torniamo verso casa, io e il mio cane che oggi dopo nove anni ho avvertito seriamente che fosse anche il mio, sulle note di "The division bell" mentre sbuca dal vano bagagli gli dico: "gran bel disco eh George?". Dopo qualche ora a casa riascoltando le note, come a farsi male nel rivedere certi particolari di questa mattina, il lato grottesco della crisi per dirla banalmente, o forse un sottile senso di disagio verso tutto che in ogni caso, anche solamente ascoltando una canzone, va ribattuto. Ecco scatto questa foto.
lunedì 27 maggio 2013
venerdì 24 maggio 2013
Terzo tattoo
Stamattina sfogliando velocemente il Corriere della sera ho letto un bell'approfondimento sul mondo dei tatuaggi, incollo la foto qui sotto.
Io adoro i tatuaggi. Mi piace vederli su corpi scolpiti dai muscoli e apprezzo anche chi li ''indossa'' volgarmente solo per il gusto di apparire tatuato. Ho sempre considerato il tatuaggio una vera forma d'arte. Nonostante i tanti ammonimenti da parte di genitori, fratelli ed amici a non disegnare in maniera irreversibile il mio corpo, nel 1993 ad Amsterdam facevo il mio primo tatuaggio, un piccolo sole che ride e fa l'occhiolino. Scelsi il braccio sinistro, proprio sotto il gomito e da inesperto sottovalutai l'esposizione al sole rovinando in pochi giorni gran parte del colore. Fui costretto a farlo ribattere. Dieci anni dopo a Monza mi sono fatto tatuare una luna piena sull'avambraccio sinistro. Un paio di settimane fa da un amico che ha un piccolo studio a Gorgonzola ho aggiunto il terzo tatuaggio della mia vita, una scimmietta dallo sguardo tenero e simpatico sulla parte alta delle schiena. Ripensare a venti anni fa, quando il tatuaggio seppure piccolo e scherzoso quasi come fosse una calcomania non era così diffuso e "semplice da portare", mi riporta alla mente il perchè di quella scelta. Erano i tempi in cui i Red hot chili peppers -che adoravo- sbancavano il mondo con il loro album di maggior successo "Blood sugar sex magik" e il booklet del disco li ritraeva spesso a torso nudo pieni di bellissimi tatuaggi. Nei video trovavo questo look molto attraente, anzi fighissimo. Poi venni a conoscenza che fuori dal mondo del rock il tatuaggio aveva nobili origini rispetto al luogo comune che vuole solo galeotti, camalli e marinai sfoggiare teschi, ancore e nomi di donne incisi su petto e bicipiti. Decisi di farlo. "Con un tatuaggio comunichiamo al mondo il nostro modo di essere" così c'è scritto in grande nel servizio del Corriere. Ah sì? Bella, balle. D'accordo, c'è un siginificato, il sole, la luna, il giorno e la notte, io che sono un po' così, da prendere per come sono la luce e il buio. L'omaggio ai Pink Floyd di ''The dark side of the moon'' e anche il fatto che spesso quando guido di notte vedere una bella luna non mi lascia indifferente. Lasciarmi accecare dal sole, poi lo trovo semplicemente inebriante, più di qualsiasi altro abbaglio. Ora c'è anche la scimmia, vuol dire qualcosa, puo' voler dire tanto, è il mio animale preferito e anche il posto dove giace e morirà ha un senso, ma in fondo il perchè di un tatuaggio non significa niente se non che, almeno tu, lo trovi bello.
Io adoro i tatuaggi. Mi piace vederli su corpi scolpiti dai muscoli e apprezzo anche chi li ''indossa'' volgarmente solo per il gusto di apparire tatuato. Ho sempre considerato il tatuaggio una vera forma d'arte. Nonostante i tanti ammonimenti da parte di genitori, fratelli ed amici a non disegnare in maniera irreversibile il mio corpo, nel 1993 ad Amsterdam facevo il mio primo tatuaggio, un piccolo sole che ride e fa l'occhiolino. Scelsi il braccio sinistro, proprio sotto il gomito e da inesperto sottovalutai l'esposizione al sole rovinando in pochi giorni gran parte del colore. Fui costretto a farlo ribattere. Dieci anni dopo a Monza mi sono fatto tatuare una luna piena sull'avambraccio sinistro. Un paio di settimane fa da un amico che ha un piccolo studio a Gorgonzola ho aggiunto il terzo tatuaggio della mia vita, una scimmietta dallo sguardo tenero e simpatico sulla parte alta delle schiena. Ripensare a venti anni fa, quando il tatuaggio seppure piccolo e scherzoso quasi come fosse una calcomania non era così diffuso e "semplice da portare", mi riporta alla mente il perchè di quella scelta. Erano i tempi in cui i Red hot chili peppers -che adoravo- sbancavano il mondo con il loro album di maggior successo "Blood sugar sex magik" e il booklet del disco li ritraeva spesso a torso nudo pieni di bellissimi tatuaggi. Nei video trovavo questo look molto attraente, anzi fighissimo. Poi venni a conoscenza che fuori dal mondo del rock il tatuaggio aveva nobili origini rispetto al luogo comune che vuole solo galeotti, camalli e marinai sfoggiare teschi, ancore e nomi di donne incisi su petto e bicipiti. Decisi di farlo. "Con un tatuaggio comunichiamo al mondo il nostro modo di essere" così c'è scritto in grande nel servizio del Corriere. Ah sì? Bella, balle. D'accordo, c'è un siginificato, il sole, la luna, il giorno e la notte, io che sono un po' così, da prendere per come sono la luce e il buio. L'omaggio ai Pink Floyd di ''The dark side of the moon'' e anche il fatto che spesso quando guido di notte vedere una bella luna non mi lascia indifferente. Lasciarmi accecare dal sole, poi lo trovo semplicemente inebriante, più di qualsiasi altro abbaglio. Ora c'è anche la scimmia, vuol dire qualcosa, puo' voler dire tanto, è il mio animale preferito e anche il posto dove giace e morirà ha un senso, ma in fondo il perchè di un tatuaggio non significa niente se non che, almeno tu, lo trovi bello.
giovedì 9 maggio 2013
Rico's Friends hall of fame: Lanfri
Non ho mai conosciuto un appassionato ascoltatore e collezionista di musica come Lanfri. In questa foto storica scattata negli anni '80 è esteticamente diverso da come l'ho conosciuto io tredici anni fa ma conserva dentro di sè la stessa anima "riot" di allora. Le nostre storie si sono incontrate nella concessionaria di automobili dove attualmente entrambi lavoriamo, io come venditore lui come responsabile tecnico di officina. Ricordo benissimo i miei primi giorni nel nuovo posto di lavoro, ero intento a presentarmi a tutti i collaboratori (ben sessantacinque distribuiti tra i vari reparti) e quando fu il momento di stringerci la mano ci fu subito feeling. Tra i vari convenevoli gli dissi che suonavo la batteria in un gruppo e lui si dimostro' subito molto interessato a scoprire la mia band, il genere musicale, i nostri gusti. La presi molto larga pensando di parlare di musica indie con uno sprovveduto e lui stette al gioco, avevo un demo con me e glielo regalai, era poco prima del pranzo. Nel primo pomeriggio venne da me con un cd senza custodia. Sul supporto non c'era scritto nessun nome solo un contagiri disegnato. Mi disse: "ascolta questi fanno la musica che fate voi, sono Italiani come voi, si chiamano Contagiri". Il disco era veramente interessante e la somiglianza col mio gruppo di allora era impressionante. Suoni, melodie, scelte di arrangiamento e la somiglianza della voce erano a dir poco imbarazzanti, aveva trovato un clone dei Kech nel giro di poche ore. Quando gli dissi che mi piacevano molto questi "Contagiri" lui si mise a ridere e continuo' per qualche ora a farmi credere che quelli fossero veramente una band nostrana formata da miei coetanei. Si trattava invece dei Panda, un gruppo americano che aveva pubblicato solo due album nei primi anni novanta e li aveva pescati tra i cinquemila titoli che compongono la sua invidiabile collezione. Da allora la nostra amicizia si sviluppa durante le pause lavorative dove trovo sempre un buon motivo per conoscere gli artisti più introvabili che la storia della musica ricordi. Nel fuoco con un amico sincero.
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