lunedì 8 febbraio 2016

Dieci anni fa l'ultimo live dei Kech all'estero

Il ricordo di un concerto che mi provoca maggior nostalgia dei bei tempi andati ricorre proprio in questi giorni e si riferisce a dieci anni fa. Nessuno dei Kech poteva immaginare che quel giro di tre giorni che ci portò fino in Olanda a fare da supporto all'ultimo tour del gruppo Caesar sarebbe stata la nostra ultima puntata all'estero. Il 20 gennaio del 2006 suonammo a Strasburgo in un locale chiamato La Grotte.

Il logo del locale La Grotte di Strasburgo


Da una ricerca su internet fatta in queste ore ho visto che il club è ancora attivo e questa notizia ha rievocato i ricordi di un'esperienza unica. Arrivammo al locale molto stanchi ma anche appagati dopo una data trionfale a Rotterdam tenutasi la sera precedente di fronte a un pubblico di quasi mille persone che per il club Rotown significava sold out. Dormimmo in un ostello molto attrezzato e partimmo presto al mattino commentando la buona riuscita dell'esibizione. In quei mesi stavamo iniziando a comporre i brani del nuovo album che sarebbe uscito l'anno seguente e dopo tanta esperienza sui palchi di tutte le dimensioni ci sentivamo una band pronta a tutto. La straordinaria attenzione dei promoter e di chi gestisce i locali all'estero verso i musicisti (indipendentemente dal loro livello di bravura e notorietà) accresceva la nostra autostima ogni volta che ci misuravamo con quelle situazioni, La Grotte però si dimostrò un caso a parte.

Non ero mai stato a Strasburgo prima di allora e la città si presentò ai miei occhi incollati al finestrino del furgone con tutto il suo fascino fin dalle prime vie. Il locale è situato in una zona abbastanza centrale in un dedalo di strade strette ed è disposto in maniera asimmetrica, dopo un corridoio stretto  si apre disposto per il lungo il bancone del bar disposto verticalmente rispetto al palco. Di fronte allo stage sono sparpagliati una decina di tavolini rotondi e alla destra del palco si apre un'altra sala con numerose colonne a soffocare la già inesistente ariosità dello spazio. Mai un nome di un locale l'ho trovato così appropriato perché La Grotte ricorda davvero una grotta, una specie di cantinone con volte basse e i mattoni a vista. L'aria è così viziata che non basta un condotto di ventilazione ai lati per compensare la mancanza di finestre.

Ci accoglie una ragazza che gestisce il club e la relativa programmazione, ci mette a suo agio e ci prepariamo per il soundcheck.  Mi colpisce la contraddizione che si crea tra il mancato rispetto delle minime norme anti incendio e igienico sanitarie rispetto all'attenzione per l'emissione di decibel. Per legge infatti c'è un limitatore all'impianto e se sforiamo con i volumi la corrente si stacca per dieci secondi. Ci vogliono alcuni minuti per fare l'abitudine a questo aspetto e una volta terminate le prove ci rilassiamo nella sala laterale e iniziamo a bere senza troppa moderazione. Ema esagera più di tutti e finirà con l'ubriacarsi. Il locale viene utilizzato anche per spettacoli teatrali e nello spazio antistante alle scalette che portano sul palco troviamo alcuni vestiti di scena e decidiamo che per l'ultimo brano in scaletta, la cover After hours dei Velvet Undergrond ci travestiremo qualcuno da drag queen altri da indiano, muratore, vigile. Prima di suonare la ragazza ci conduce in centro dove andiamo a piedi e mi soffermo ad ammirare dall'esterno la Cattedrale. E' una chiesa che mi toglie il fiato per la sua imponenza. Alzare lo sguardo e tentare di scorgere la sommità fa perdere l'equilibrio. Fa molto freddo e tira una leggera brezza, la nostra accompagnatrice la chiama "il soffio del diavolo" e ci racconta la storia di questo refolo.

Il concerto non ha una grande riuscita sia per la nostra esibizione un po' alticcia che per lo scarso pubblico ma è il dopo concerto a lasciare il segno. Quando arriviamo all'alloggio entriamo in un mega appartamento dove risiede la ragazza, la prima cosa che notiamo riguarda l'aria: è irrespirabile. Ci sono dei gatti in giro per casa e la sensazione che abbiamo è che l'ultima volta in cui le finestre sono state aperte per far passare aria risale a qualche anno fa. Siamo stanchissimi e ci accomodiamo in salotto in attesa del suo fidanzato che desidera conoscerci. Il macho di casa è anche lui un musicista e arriva da un concerto che ha tenuto in Belgio. I minuti non passano mai e quando il ragazzo, una specie di Big Jim palestrato, finalmente apre la porta d'ingresso ci trova distesi in salotto quasi addormentati. Come se niente fosse si accomoda in mezzo a noi e tira fuori la chitarra acustica iniziando a suonare una dopo l'altra le canzoni dei Pearl Jam, urla a squarciagola imitando Eddie Vedder e ci allunga un' altra chitarra per arricchire lo spettacolo . Lo sopportiamo per un po' ma dopo aver esaurito la pazienza non ci facciamo troppi scrupoli e ci mettiamo a dormire. Come se niente fosse lui continua a suonare da solo e anche senza audience andrà avanti fino al mattino. Al risveglio ci siamo ormai abituati alla puzza, scopriamo che le finestre sono come sigillate, non si possono aprire. Ci sentiamo sequestrati e la colazione a base di solo caffè dura un'eternità. Siamo felici di partire ma dobbiamo essere ancora pagati, la ragazza ci informa che dobbiamo tornare al locale per ricevere l'onorario. Come prima cosa assistiamo impotenti alla pulizia del locale, almeno il reparto bar, poi veniamo obbligati a mangiare un boccone in compagnia della ragazza. Tutti noi avremmo voglia di sbrigare in fretta la faccenda e spingiamo per un kebab in piedi ma ci viene consigliato di mangiare la pasta da asporto. Entriamo in una specie di take away che serve la pasta in coni di cartone simili a quelli dei pop corn, buttiamo giù qualche boccone e quando siamo ormai convinti di partire anche senza soldi pur di andarcene veniamo anticipati dalla ragazza che si ricorda del cachet ma ci dice che per riceverlo dobbiamo tornare nuovamente al club. Quando siamo di nuovo a La Grotte veniamo invitati a fermarci per la sera, io torno in furgone scoraggiato. Dopo qualche minuto mi raggiungono gli altri e ancora oggi non ho il coraggio di chiedere se alla fine siamo stati pagati oppure no.