Nel lungo viaggio interiore che sto percorrendo per curare gli sbandamenti inevitabili della vita sto imparando a non fare troppe previsioni sul futuro. La gestione delle ansie e delle preoccupazioni è faticosa ma con il metodo giusto e con la conoscenza dei lati più profondi di noi stessi esistono infinite possibilità per sentirsi adeguati dentro questo mondo in continua evoluzione. Nel post "
un ex fantasma" descrivo quello che mi è successo qualche mese fa, ne parlo liberamente e in modo schietto semplifico il significato di trovarsi in difficoltà. Pur trattandosi di situazioni non invalidanti certe tempeste lasciano comunque dei segni. Una delle principali motivazioni a scavarmi dentro e reagire ai problemi è stato capire da dove provenisse il malessere e una volta scovato provare a trasformarlo in benessere. Riconoscere i bisogni primari prima di tutto e metterli al centro di ogni cosa: bere, mangiare, dormire e riprodursi. Tornare a vedere il mondo in maniera primitiva è stato uno dei punti che nel percorso di coaching ha fatto da molla per far saltare dal basso verso l'alto, dalle caviglie fino al cervello, il modo di affrontare la vita con leggerezza. Le mie paturnie lavorative, in questo lungo periodo di crisi, sono le preoccupazioni di molti ma non possono prendersi tutta l'energia che a quaranta anni posso ancora sprigionare. Francesca Maiotti mi ha insegnato un metodo, le famiglie dove applicarlo e come esercitarmi ricordandomi sempre che parte tutto dalla mente e, giocando con le parole, mi ha fatto capire che molto spesso la mente ci mente. Da essa dipendono le emozioni, queste si evolvono e condizionano le relazioni che a loro volta influiscono sul fisico e come ultimo anello di questa catena modificano lo spirito. Quando mi è stato chiesto di immaginare come avrei descritto lo spirito ho pensato al genio della lampada che sotto forma di fumo si innalza nell'aria, da questa figura è nata l'idea di opporre al senso di pesantezza dei miei pensieri la leggerezza dello spirito.
Tra giugno e luglio ho letto un libro uscito qualche anno fa, Open, la storia del tennista Andre Agassi. E' stata una lettura molto appassionante, ho trovato spunti per farmi forza nel mio percorso. Nel periodo in cui il campione stava attraversando l'ennesima crisi che lo porterà di lì a poco alla separazione da Brooke Shields, proprio nel bel mezzo di un viaggio in Sudafrica col tentativo di medicare le ferite nel rapporto, Agassi conosce Mandela il quale una mattina, rivolgendosi al campione e altri ospiti presenti a un ricevimento, dice: "
dobbiamo tutti avere cura gli uni degli altri- è questo il nostro compito nella vita. Ma dobbiamo anche avere cura di noi stessi, il che significa che dobbiamo prendere con cura le nostre decisioni, intrattenere con cura i nostri rapporti interpersonali, riflettere con cura su ciò che diciamo. Dobbiamo gestire la nostra vita con cura per evitare di diventare delle vittime".
Ripenso spesso a questo passo del libro, l'ultima volta prima di scriverne qui nel blog l'ho fatto domenica sera mentre tornavo da una breve vacanza in montagna che ha rappresentato per me uno dei pochi momenti dove mi concedo due giorni consecutivi di stacco dal lavoro nel fine settimana. Con alcuni amici conosciuti negli ultimi dieci anni grazie a internet e alla passione per i gruppi Marlene Kuntz e Massimo Volume ho passato momenti molto intensi immerso nei paesaggi del Cadore. Non ero mai stato nelle Dolomiti Bellunesi fino ad oggi, il Vajont con la sua drammatica storia ancora palpabile a più di cinquanta anni dalla tragedia mi ha fatto riflettere e grazie all'atmosfera che si sprigiona tra buoni amici ho imparato ancora una volta quanto l'amicizia sincera sia curativa anche quando nasce in un luogo virtuale che poi diventa magicamente reale.
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