martedì 18 marzo 2014

Big Sky Empty Road raccontato da dietro i tamburi

L'ultimo album in cui ho suonato è "Big sky empty road" secondo disco dei Pocket Chestnut. Ieri lo abbiamo presentato alla Santeria, uno dei luoghi più cool di Milano in un clima che mi ha ricordato  uno slogan di qualche decennio fa quando una semplice frase rese famoso un amaro e un modo di vivere. La serata è stata piacevole, siamo tornati a casa con una trentina di copie vendute ad amici e conoscenti, tutto sommato un ottimo risultato. Abbiamo risposto a qualche domanda poi ci siamo lasciati andare in un breve show case acustico. Io ho suonato shaker e maracas e aiutato un po' nei cori. La batteria mi è mancata tantissimo, la sensazione più imbarazzante è stata quella di sentirsi nudo e vulnerabile nella perenne ricerca di trovare quel qualcosa da fare per dare un senso alla postura. In venti minuti di esibizione ho capito l'imbarazzo di tanti cantanti timidi quando, privi di uno strumento d'accompagnamento, più o meno maldestramente cercano di occupare lo spazio per non rendere statica l'immagine della band. Se avete visto un concerto di Samuele Bersani avete ben chiaro un esempio concreto di come la presenza scenica per questo artista è completamente assente, a confronto provate invece a cercare un video di un concerto dei mai dimenticati Ustmamo'.  Nei movimenti ispirati al Tai Chi Chuan la cantante Mara Redeghieri tenta di trovare un' alternativa allo starsene lì impalata come ho fatto io ieri, mi ricordo che il risultato era efficace.

Vestito come un commesso di un negozio d'abbigliamento un po' spaesato senza il mio strumento



"Big sky empty road" dura trentacinque minuti e ci abbiamo messo almeno tre anni prima di terminarlo, tanto, troppo tempo. Uno dei motivi è da trovare nei vari cambi di formazione che ci hanno portato a passare da tre a quattro elementi. Prima di trovare l'assetto attuale abbiamo fatto qualche esperimento più o meno riuscito. Mentre attendevamo di accogliere Paolo alla chitarra per marcare con un minimo di preparazione tecnica la nostra proposta abbiamo perso in primis il contributo elettrico di Ema che si è trasferito a Berlino. La prima scelta è stata quella di coinvolgere Umberto, un bassista di origine romana appassionato di cinema e colonne sonore chiedendogli di suonare all'occorrenza anche tastiere e pianoforte. Dopo qualche mese il ragazzo ci ha lasciati per superare al meglio una crisi sentimentale. Colti di sorpresa e con un buon lavoro alle spalle destinato a finire nel cestino abbiamo pensato di passare a cinque elementi con un polistrumentista immaginario da inserire, infine abbiamo provato con due chitarre acustiche e Federico al basso rendendoci conto in fretta che nella dimensione acustica forse un bassista risultava di troppo. Da ogni micro evoluzione abbiamo congelato un pezzetto di cio' che abbiamo composto grazie a queste collaborazioni e il disco alla fine è il risultato di un collage che ritrae, in riquadri neanche troppo differenti, questo faticoso percorso. Io avrei preferito realizzare l'album in studio con la tecnica della presa diretta per misurarci con un'esperienza nuova ma alla fine la scelta di registrarlo in casa è stata ancora una volta la soluzione votata dalla maggioranza. Qui sotto passo in dettaglio la tracklist dell'album citando alcuni piccoli ricordi riferiti al mio contributo.

Spread my love: Abbiamo sempre chiamato questa canzone "il blues del carmine" è forse il brano che da quando è entrato Paolo in formazione (circa un anno e mezzo fa) mi ha maggiormente spronato a non abbandonare la nave nei momenti di burrasca. Con i suoi vari momenti blues distribuiti tra ritmo sincopato e apertura in tempo dimezzato per dare al ritornello un effetto più arioso questo brano è stato l'involontario collante nel passaggio delicato che mi ha spinto a sacrificare un approccio più rockeggiante rispetto a un suono più acustico e moderato. La batteria l'ho registrata con Lorenzo Casati al Dolmen Studio di Sesto san Giovanni. Nel febbraio 2013 ho pubblicato in questo blog un post su quella giornata.

The Castaway: E' il brano che utilizziamo per aprire i concerti anche se dal vivo lo abbiamo modificato sia in apertura che nel finale. Ho registrato questa batteria con Ema nella taverna della sua casa di montagna, il periodo è l'inverno del 2011. Le batterie registrate in quella session sono poi diventate il ritmo percussivo di OUTNESS ep.

Never again: Come per  The Castaway per quello che riguarda dove è stato registrata, con chi e quando. Sono molto affezionato a questa canzone perchè è stata composta lavorandoci per un paio di mesi in una saletta che avevamo in condivisione con altri gruppi. Questa stanzetta ricavata insieme ad altre all'interno di una delle tante corti che si trovano nella periferia nord di Milano aveva due particolarità: c'erano videocamere di sorveglianza ovunque, ingiustificate rispetto alla strumentazione scadente che avevamo a disposizione e, situazione ancor più grottesca, allo scoccar della mezzanotte la corrente si staccava automaticamente in tutto lo stabile, scale comprese, lasciando i ritardatari completamente al buio. L'esperienza di avere uno spazio quasi "nostro" ci ha fortificato, ricordo che nel 2011 andavamo alle prove con un entusiasmo completamente diverso rispetto ad oggi e in quel contesto sono nate moltissime idee che sono poi diventate le canzoni che ancora oggi suoniamo.

Now: E' il più ritmato tra i brani del disco e quello in cui utilizzo un battere lineare simile all'apporto che do quando suono coi Kinola. Ricordo di aver ricevuto i complimenti del fonico addetto alle registrazioni non tanto per le mie scelte di arrangiamento ma per il fatto di essere riuscito a incidere sopra una guida fatta male perchè piena di oscillazioni. Alla canzone è stata assegnata una velocità in bpm molto più lenta rispetto a come la suoniamo dal vivo, è un peccato perchè risulta meno incisiva. La mia grande frustrazione di dover cercare la take giusta in un pomeriggio senza aver la possibilità di lavorarci in più occasioni è annidata tra le pieghe di questo brano.

Got my smartphone working: Non ho fatto niente per questa canzone, la batteria è un loop elettronico. Nella sua semplicità questa composizione possiede secondo il mio parere, quasi esterno in questa circostanza, le potenzialità per far parlare di sè. Merito della sua freschezza e semplicità e di un concetto banale ma attuale e simpatico dove lo smartphone è diventato ormai una protesi per molti di noi. Inizialmente doveva finire in fondo alla scaletta poi William che ha mixato il lavoro ci ha suggerito di anticiparla a metà disco per spezzare un po' di monotonia.

Mirror mirror: Abbiamo composto con Paolo questo brano partendo da una bozza e sviluppandola in sala prove, stavamo attraversando una fase dove cercavamo qualcosa di energico e l'esercizio è riuscito solo a metà, come per Now ho avuto a disposizione una base un po' claudicante ed è già un miracolo che il brano, ritmicamente, suoni in maniera quasi decente. Sentendo i provini della sola batteria ero imbarazzato dalla mia incapacità. Rendere questo ritmo "circolare" è stata un'impresa.

Never again : Mi piace che nella tracklist questa canzone arrivi subito dopo Mirror mirror. Nella gestazione del brano queste tracce sono andate praticamente di pari passo. Le abbiamo sviluppate e arrangiate contemporaneamente, tra le due questa è riuscita meglio, mi piacciono molto i suoni di batteria e anche le scelte di arrangiamento.  La voce di Giovanna mi riporta indietro nel tempo, pochi anni fa che sembrano ormai un'eternità.

Morning: Una composizione antica del nostro cantante che già l'aveva lavorata nell'esperimento Nutcrackers. Mi trovavo a Londra nel luglio 2011 e mi ospitava Tommaso, una vecchia conoscenza dei Pocket che insieme a Tum aveva dato vita all'esperimento Nutcrackers ormai otto anni fa. Tra i tanti demo archiviati mentre mangiavamo gamberi allo zenzero nella sua cucina Tommaso passo' nel lettore anche Morning sotto forma di demo. Questo è uno dei brani che abbiamo arrangiato in tanti modi e quello che ci piaceva di più era venuto fuori nel 2012, il periodo in cui suonavamo con Umberto. La traccia di batteria è stata incisa con Ema sempre nella taverna in montagna. Io arrivavo da tre giorni a Londra dove feste e concerti erano a ciclo continuo. Invece di riposarmi avevo accumulato una stanchezza devastante. Io e Tommaso eravamo stati in piedi a divertirci ventiquattro ore consecutive il giorno prima del mio ritorno in Italia. Atterrato a Linate partii direttamente per la montagna. Ricordo bene quel giorno, Amy Winehouse fu trovata morta a Londra e merito anche del gran fegato di Ema pensammo bene di esagerare con la birra per ricordarla mentre registravamo. Il problema non fu portare a termine la registrazione ma fu scegliere la batteria migliore delle tante che avevamo registrato in totale assenza di sobrietà. Ci sembravano sequenze ritmiche strepitose ma forse erano tutte da buttare nel cestino. Resta comunque il mio brano preferito di questo album.

Cold nite:  L'atto della registrazione di questa batteria coincide con quanto descritto per Morning con la differenza che c'era ancora un po' di testa sveglia quando la batteria di Cold nite è stata cacciata a forza dentro un hard disk. Ricordo che Ema mi invitava a fare tante evoluzioni, montammo due rullanti cambiammo tutta la serie di piatti e la carica energica di fragore che usciva da quella taverna non insonorizzata avrebbe stordito chiunque. Con tutti gli strumenti la trovo invece quasi gentile.

Almost the end: Stesso apporto dato per Got my smartphone working, cioè zero. Continuo da anni a pensare che senza una batteria vera i Pocket farebbero meglio di così, magari io non li ascolterei, ma il buon gusto per i loop non manca ai miei compagni d'avventura. Doveva essere un semplice esperimento a quanto pare è riuscito.

Per ascoltare e scaricare: http://pocketchestnut.bandcamp.com/